La kermesse è ancora in corso a Firenze (finirà domani), ma il primo bilancio è positivo: la formula funziona, il programma è accattivante e non si è visto finora il temuto “effetto sagra”. Trovata la quadratura del cerchio?

Non ho mai fatto mistero di non amare le kermesse enogastronomiche, quelle con la gente più o meno avvinazzata che vaga col bicchiere pieno e il piatto colmo alla ricerca di punti di appoggio, o in coda al buffet, o ingozzandosi di “assaggini” con le mani unte di bruschetta. Trovo che manifestazioni simili non abbiano in genere altra funzione che fare da “pane circense” per il popolo bue ed estorcere un po’ di soldi agli illusi espositori e ai soliti enti pubblici.
Dopo una giornata trascorsa a Wine Town (qui), l’evento in corso fino a domani a Firenze, devo però correggere il tiro. Almeno in parte.
Perché la manifestazione fiorentina è senza dubbio ben congegnata, ben organizzata, ben strutturata e rifugge soprattutto dall’idea dei grandi numeri che di solito trasforma queste iniziative in sagre. Con l’aggravante di non essere in paese, ma in città.
Anzi, devo dire che l’idea – in sé non nuovissima, ma efficace – di disseminare i punti di degustazione tra alcuni dei più bei palazzi del centro storico, attirando così anche gli appassionati di architettura, di arte e di turismo culturale, oltre che di vino e cibo, appare vincente.
Misurato il numero della aziende espositrici, sobrio il servizio dei sommelier, ordinato il sistema delle prenotazioni e divertente la tessera magnetica ricaricabile (che per 15 euro dà diritto al bicchiere e a 6 degustazioni). Il tutto sufficientemente diffuso tra i diversi quartieri da costringere il partecipante più curioso a godersi passeggiando il capoluogo toscano, ma esauriente quanto basta a dare ai più pigri sempre qualcosa di interessante da assaggiare.
Che l’operazione sarebbe riuscita lo si era visto, del resto, già ieri sera alla serata inaugurale, quando il party è filato via piacevolmente liscio, tranquillo, né volgare e né ingessato, senza calche, senza assalti ai banchi, senza il pigia pigia che di solito contraddistingue gli happening di questo tipo.
Il mio, naturalmente, è un giudizio espresso a metà della corsa, e le somme andranno fatte alla fine, ma le premesse mi sono parse ottime.
Unico difetto, se può essere chiamato tale, un programma fin troppo affollato, nel quale può essere difficile orientarsi tra degustazioni, showcooking, concerti, spettacoli, visite e chiavi diverse.
E’ stato però piacevolmente sorprendente oggi, vagando tra gli stand, mescolarsi a degustatori occasionali e a visitatori coinvolti sul momento, tra cui molti stranieri, e vedere il personale che riusciva a rispondere in un inglese ragionevolmente fluente, con le macchinette per le tessere magnetiche che funzionavano e la gente paziente senza lunghe attese.
Forse è un’impressione parziale, ma ne va dato conto.