VIAGGI&PERSONAGGI, di Federico Formignani.
Dalla sua torre si avvistavano i pirati che infestavano la costa. Oggi, sullo sfondo del mare e del borgo, in piazza va in scena il teatro e in cucina sobbollono le lumache. Tra i carrubi di una Liguria incantata.
Verezzi è la parte alta di Borgio, paese costiero con il quale fa comune. Il centro abitato è composto da quattro borgate: Poggio, Piazza, Roccaro e Crosa, situate nella parte superiore del Colle della Caprazoppa.
Verezzi è lì sopra, sulla sommità di un promontorio che dalla cittadina costiera di Borgio s’innalza, con una serie di tornanti a gomito, fino ad arrivare agli altri borghi di un entroterra così a portata di mano che la brevità del tragitto e il poco tempo che richiede per percorrerlo, annulla quasi la piacevole sorpresa delle bellezze naturali nelle quali ci si immerge. Occorre una sosta, una pausa, per apprezzare la particolarità di questo speciale territorio del savonese. Borghi di montagna, il verde la nota dominante, con in più il profumo del mare sempre visibile per lunghi tratti nel percorso verso l’interno.
E la sosta cade a fagiolo, mi dice l’amico Pino che ha un hotel giù a Borgio, per “gustare” Verezzi e la sua cucina. Ho già preso accordi con i colleghi del ristorante “A’ Topia” (pergolato, anche se si pranzerà in una saletta dell’interno) e ho chiesto di preparare le famose lumache (non molto grosse), forse più chiocciole che lumache.
Le hanno già scelte e ci lavorano, mi anticipa, perché chiedono molte ore di preparazione e cottura. Per quattro lumache, tutto questo tempo, obietto? Mi guarda con occhi luciferini e inorriditi; “Ma lo sai cosa ci va dentro? Ascolta e impara: una trentina di lumache a testa che debbono cuocere in acqua abbondante con aceto e sale per circa due ore; intanto si trita finemente aglio, cipolla, prezzemolo, carota e sedano che debbono rosolare in abbondante olio d’oliva. Qui vanno inserite le lumache, sfumate con il vino bianco; a parte si prepara un battuto di pinoli, mandorle, noci, nocciole, acciughe, funghi secchi, pane ammollato in acqua, aceto e vino bianco e ancora alloro, rosmarino, origano e timo. A questo punto – mi inserisco velocemente: adesso capisco perché hai deciso di cucinare nel tuo hotel! – si aggiunge un pomodoro maturo tritato e si fa rosolare per qualche minuto. Si mette brodo di carne fino a coprire e si lascia cuocere per quattro ore, aggiungendo brodo se occorre“.
Adesso possiamo goderci Verezzi, conclude Pino con un grande sorriso.
Di Verezzi colpisce la struttura architettonica, con le case accostate le une alle altre, gli stretti passaggi e i ponticelli gettati tra un edificio e l’altro: queste strutture, come in molti altri comuni della riviera ligure, sono state costruite per meglio difendersi dai numerosi e continui attacchi saraceni di un passato ormai lontano.
Sul poggio esiste ancora uno dei pochissimi superstiti mulini eolici del Mediterraneo, costruiti sul modello fenicio: una costruzione cilindrica che sorge in cima alla collina di Verezzi. Le pale del mulino sono poste all’interno del torrione e il vento le muove passando attraverso varie feritoie che incanalano l’aria in modo da far funzionare il mulino anche in presenza di una sia pur minima brezza. Vi sono altri due soli esempi di tale struttura in Europa: una in Spagna e l’altra in Sicilia, anche se quella di Borgio Verezzi, a detta degli esperti, è la meglio conservata. Proprio a pochi passi dal mulino fenicio ecco due edifici religiosi: il Santuario di Santa Maria Maddalena (Maria Regina Mundi) e la Chiesa di San Martino, il cui campanile già anticipa lo stile romanico. All’interno della parrocchiale c’è poi un dipinto che raffigura il patrono di Verezzi, San Martino di Tours. Entrambe le chiese risalgono al XVII secolo e sono sorte sui resti di precedenti strutture d’epoca medievale.
Quando si parla della natura e della vegetazione di Verezzi, non si può non parlare del suo albero tipico: il carrubo. Un albero i cui frutti sono stati utilizzati per secoli come cibo per asini e cavalli, fondamentali mezzi di trasporto attraverso le difficili e tortuose vie di collegamento della zona; in tempi più recenti il carrubo ha trovato impiego anche in campo alimentare e farmaceutico. Gli abitanti della zona ricordano con particolare nostalgia una di queste piante – addirittura secolare – morta durante il rigido inverno del 1920; l’albero era chiamato “carrubo del buon giorno” perché posto a un crocevia, punto di incontro e di saluto per gli abitanti del borgo. Naturalmente il carrubo non è originario di Verezzi, ma proviene dall’oriente e la sua diffusione in questa porzione di entroterra rappresenta un’ulteriore testimonianza dell’influenza araba cui è stata sottoposta in passato la riviera ligure.
Verezzi è anche sede di un “Festival Teatrale” – nato nel 1967 e giunto alla 53.ma edizione – che ha assunto un rilievo speciale nel cartellone artistico nazionale e internazionale. Gli attori recitano avendo alle spalle una “finestra” naturale, compresa tra le vecchie case del borgo, con lo sfondo impareggiabile del mare e della costa ligure di ponente. Il pubblico trova posto nella splendida piazzetta di Sant’Agostino con la sua piccola ma incantevole cappella risalente al XIV secolo; il tutto immerso in un contesto meraviglioso che ha fatto meritare a Verezzi l’ambito riconoscimento di “piazza più teatrale d’Italia”. Nonostante il Festival metta in scena ogni anno lavori teatrali di grande richiamo, la vita quieta del borgo non ha subito stravolgimenti. L’attenzione infatti al mantenimento di una scenografia naturale, garantita da un luogo davvero incantato, è sempre massima. Si tramanda nel tempo il giudizio di un regista che aveva in mente una particolare scenografia per il suo spettacolo. Una volta giunto sul posto, cambiò idea: “Sul fondo della piazzetta la chiesetta, a sinistra un vecchio muro e un viottolo, sulla destra una scala di pietra, porte e balconcini; una vallata a curve larghe e dolci, vigneti digradanti verso il mare, il disegno di un lungo e vaporoso tratto di costa. Qui, bastano le luci!”. Uno scenario d’eccezione come questo ha dunque dato i natali e ha custodito nel tempo una manifestazione unica, cresciuta anno dopo anno, cartellone dopo cartellone; in questa piccola piazza ha recitato il gotha del palcoscenico italiano e qui sono sbocciati registi e attori diventati poi grandi protagonisti della scena nazionale, interpreti di spettacoli che hanno lasciato un segno artistico indelebile.
Merito – “anche” – del fascino di questo antico borgo saraceno.