VIAGGI&PERSONAGGI, di Federico Formignani
Storie (quasi) di famiglia: dal libriccino d’un avo l’affascinante avventura della diffusione della popolare bevanda, che in Colombia ha uno specifico itinerario turistico, l’Eje Cafetero, sulle rotte battute ottant’anni fa dall’intraprendente italiano.
“Pensa“, mi dice quasi sopra pensiero mia moglie Cate mentre mi allunga un libretto rilegato in tela rigida, con su incollata la copertina originale in rosa e blu di un vecchio volumetto della Vallardi, “io sono nata perché mio padre è tornato dalla Colombia, dove lavorava da più di due anni e avrebbe continuato a farlo per chissà quanto tempo ancora, per sposare mia madre”. E dopo una breve pausa, aggiunge: “Per la verità mamma gli ha lanciato per posta un ultimatum, era stanca di aspettare”.
Aneddoto familiare a parte, il piccolo libro della Vallardi è davvero prezioso, addirittura introvabile; e la copia che possediamo – malgrado le ricerche effettuate – sembra proprio essere l’unica in circolazione. Il volumetto scritto da Giovanni Calderini (“Il Caffè“) è completato da un sottotitolo che dice tutto: “Storia, clima e terreno, costituzione della piantagione, cure colturali, tecnologia del caffè, i magazzini, gli imballaggi ed i trasporti”! È stato pubblicato da Antonio Vallardi, editore in Milano, il 29 aprile 1938. Giovanni Calderini, ingegnere del Genio Rurale e dottore in Scienze Agrarie, aveva studiato a Gembloux (Belgio) prima di trasferirsi in Colombia, dopo aver vinto un concorso pubblico bandito dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste del tempo. Questa è la sua testimonianza sull’inizio dell’avventura colombiana:
“In Brasile solo nel 1774 si coltivò industrialmente il caffè. Questo paese riuscì ad esportare al principio del XIX secolo i primi 800 Kg. Nel Venezuela s’introdusse nel 1784, di qui passò in Colombia nel 1805 ed il Costarica solo nel 1879. La Colombia, che oggi è il paese di più alta produzione unitaria dei migliori caffè esistenti, e dalla quale ritraiamo molta parte d’esperienza nella compilazione del presente manualetto, ebbe nel prete Romero il più attivo e chiaroveggente propagatore. È curioso ricordare come egli usasse imporre ai suoi penitenti, invece delle solite preghiere, di seminare un determinato numero di pianticelle di caffè, per ottenere la remissione dei loro peccati. Così fu che Cucuta, sul confine orientale, dove sorgeva la sua parrocchia, si arricchì ben presto di fiorenti ed estese piantagioni. In Colombia, le colture di caffè, fatte sulle Cordigliere delle Ande, sono sopportate da terreni sedimentari del cretaceo e del giurassico, commiste ad arenarie feldespatiche ed a decomposizioni varie di rocce vulcaniche ricche conseguentemente di potassio”. Le descrizioni dell’Ing. Calderini continuano e sono puntigliosamente tecniche, ricche di dati sull’intero ciclo di coltivazione e produzione del caffè.
Ma un minimo di “storia”, sulla diffusione mondiale di questa pianta e di questa bevanda, non guasta. Il caffè vanta una storia sufficientemente antica che abbraccia il mondo intero a far capo dalla primitiva e conosciuta leggenda del priore di un convento egiziano.
Avendo egli notato l’irrequietezza delle sue capre al pascolo, ogni qualvolta queste brucavano un determinato arbusto, aveva per conseguenza pensato di stimolare l’apatia dei confratelli, più sonnacchiosi che dediti alle preghiere, somministrando loro un decotto ricavato dalle foglie prima e quindi dai baccelli di questa pianta prodigiosa: così sarebbe nato l’uso del caffè. La successiva diffusione della pianta e del consumo della bevanda è stata relativamente rapida attraverso le terre africane e del medio oriente.
Se il primo “caffè”, inteso come luogo nel quale si distillava e vendeva la bevanda risale all’anno 1554 (Costantinopoli), la diffusione in Europa – grazie ai mercanti veneziani – è seguita come logica conseguenza: Marsiglia (anno 1671), Parigi (1689) per merito dell’italiano Procopio Cutelli che apre il famosissimo “Café Procope”. Sin verso la fine del XVII secolo tutto il caffè proveniva in gran parte dall’Arabia ma non era assente una certa produzione anche nelle aree delle Indie Olandesi ed è da queste colonie che nel 1706 una pianta di Coffea Arabica viene portata ad Amsterdam e messa a dimora nel locale Giardino Botanico.
Pare che questa sia – alla fine di un percorso avventuroso – la pianta che ha generato quasi tutte le piantagioni d’America, a cominciare dall’isola francese della Martinica. Curioso il tragitto compiuto e i pericoli corsi e risolti per merito del Cavalier Gabriele de Clieu, che ebbe il coraggio e la lungimiranza di spartire con la piantina le personali razioni d’acqua distribuite durante la navigazione. Dalla Martinica, il caffè ha finito per propagarsi nell’America centrale e in quella meridionale.
Paese dalle molte “meraviglie”, la Colombia: paesaggi andini, vulcani, deserti, grandi pianure, foreste pluviali, coltivazioni di caffè, spiagge e barriere coralline. Come dire che le “coltivazioni di caffè” sono parte integrante delle attrattive e delle ricchezze naturali del paese sudamericano, al punto da comprendere uno specifico itinerario turistico: L’Eje Cafetero (l’Asse Cafetero) lungo le rotte praticate oltre ottant’anni fa dall’ingegner Giovanni Calderini.