VIAGGI&PERSONAGGI di Federico Formignani
La romantica fuga a Maiorca, in un ex convento, doveva essere il buen retiro dei due amanti. Si rivelò invece la tomba del loro amore, consumato nell’attesa di un pianoforte che non arrivava mai.
Non è certo (ma è probabile) sia stata Aurore Dupin, baronessa Dudevant (1804-1876) scrittrice francese di buona fama e di interessanti esperienze sentimentali e culturali, a convincere il gracile e malaticcio Fryderyk Franciszek Chopin – Frédéric per i francesi che lo avevano adottato – fosse giunto il momento di pensare alla salute e non solo alla musica, trasferendosi in un luogo dal clima migliore di quello parigino, al fine di lenire i sempre più frequenti disturbi respiratori. La signora George Sand – questo il nome maschile scelto da Aurore – aveva quindi suggerito (o deciso) per una permanenza a Maiorca, nelle Baleari. Dimentica del barone Dudevant che le aveva dato due figli e dei precedenti legami amorosi, ora aveva testa e cuore solo per Frédéric, più giovane di lei di sei anni e già minato dal male che lo avrebbe condotto a morte prematura.
All’ingresso della Certosa è il capo dei custodi, Oleguer, a raccontarmi il resto della romantica storia, aggiungendovi del suo: vale a dire l’orgoglio per la notorietà acquisita dal suo paesino situato sulla costa occidentale dell’isola di Maiorca, grazie alla Certosa e a Chopin; nessun accenno a George Sand.
Dapprima, quindi, l’entusiasmo genuino del pianista, una volta presa la decisione di soggiornare nell’ex convento, dimenticate le precedenti e infelici sistemazioni: “Vivrò in un delizioso monastero, nel posto più bello del mondo: il mare, le montagne, le palme, il cimitero, una vecchia chiesa dei Crociati e le rovine di una moschea. Ulivi vecchi di mille anni”. La Certosa di Valldemossa aveva tutti i pregi vagheggiati da Chopin, che era comunque stato mal informato circa i Crociati e la moschea, mai presenti in questi luoghi.
Buono e apprezzato dagli ospiti il nuovo rifugio, non esente comunque da disagi di varia natura: la grettezza dei paesani locali, una cucina che preoccuperà non poco, con i suoi forti sapori, la delicatezza di stomaco e i languori del giovane Chopin; infine, un clima invernale particolarmente piovoso, evento abbastanza raro per le Baleari.
La permanenza nella Certosa si snoda su due differenti binari: mentre la Sand trae ispirazione per i suoi scritti dalle atmosfere sospese del complesso monastico, Chopin, in attesa di ricevere dalla capitale francese il pianoforte Pleyel, perso fra mille pastoie burocratiche, utilizza quello “miserevole” della Certosa, non senza rimpiangere la brillante vita di società parigina cui era da sempre abituato.
Scrive ancora George Sand: “I chiostri della Certosa erano pieni di spiriti e di orrori per lui; qui ha composto gli splendidi lavori brevi che modestamente chiamava Preludi; sono autentici capolavori”; e prosegue: “La nostra permanenza nella Certosa divenne per lui una tortura prolungata e conseguentemente, per me, una specie di lunga agonia”.
L’11 febbraio del 1839, per ironia della sorte proprio quando il famoso piano Pleyel era giunto a destinazione e la natura volgeva al bello con la vivace fioritura dei mandorli, lasciano definitivamente Valldemossa. Lo stato di salute di Chopin peggiorava giorno dopo giorno, con frequenti emorragie.
Sul Mallorquin, in compagnia di un maleodorante carico di maiali che grugnivano, si compie il tragitto per mare fino a Barcellona; quindi Parigi, meta finale del loro amore e di lì a pochi anni (1849) della vita stessa del grande musicista polacco.