VIAGGI&PERSONAGGI, di Federico Formignani
Il Somalisa Camp, nel Parco Nazionale Hwange, in Zimbabwe, aveva un invaso di cemento per offrire refrigerio a ospiti e animali. Lì, tra una sanguisuga e l’altra, una collega mi parlò di sè…
C’è tutto, ma proprio tutto dell’Africa nera nel Parco Nazionale Hwange di uno Zimbabwe molto decentrato, quello che si estende per migliaia di chilometri quadrati a ovest di Bulawayo, la seconda città del paese e a sud delle Cascate Vittoria sul fiume Zambesi.
Il Somalisa Camp, nel cuore del parco, è un insieme di bungalow, più esattamente accampamenti tendati, sparpagliati fra arbusti di acacia spelacchiati dall’appetito dei pachidermi, piccoli dislivelli del terreno e pozze più o meno estese di acqua stagnante e in dissolvimento per via della stagione secca. Questo non impedisce alle elefantesse e agli elefantini, che trottano attaccati a mamme e zie, di ricercare di continuo pozze nelle quali dissetarsi. Alex, il gestore inglese del Somalisa – molto orgoglioso della piccola biblioteca a disposizione dei turisti del Camp – mostra di avere anche grande sensibilità per le sorti degli elefanti del parco: ha fatto costruire infatti una piscina in cemento dai bordi arrotondati che alternativamente rinfresca gli ospiti e disseta le bestie quando la vicina pozza naturale si prosciuga.
Sandra Claassen, giornalista tedesca , esauriti per il momento gli argomenti sempre interessanti che riguardano elefanti e leoni (circa quattrocento nell’area), incrocia le braccia sul bordo della piscina – rimanendo in acqua – e mi racconta della città in cui ha deciso di vivere da diverso tempo: la sudafricana Città del Capo.
Poco più in là, per fortuna, c’è ancora una pozza naturale che per il momento offre refrigerio e bevute a una colonia di pachidermi; alcuni alternano le aspirazioni d’acqua a docce di sabbia e fango. La piscina strana nella quale sguazza Sandra è ben conosciuta dagli animali, tant’è vero che nei paraggi si aggira un cucciolo intraprendente e curioso, che subito dopo raggiunge il branco, richiamato da un accenno di barrito della mamma. Io sono sistemato a bordo vasca, su una comoda sedia con cuscino e sorseggio una bevanda fresca. Faccio notare a Sandra che non è poi così lontana da casa: un paio d’ore di volo appena; mi dichiaro interessato e curioso come l’elefantino riguardo la sua scelta di vivere in fondo all’Africa.
Ci pensa un po’, si toglie con delicatezza una sanguisuga che le si era appiccicata sul braccio sinistro e mi snocciola in rapida sequenza i motivi che hanno influenzato la sua decisione. Anzitutto l’occasione che le è stata offerta di svolgere l’identico lavoro ma in un luogo diverso, perché il magazine è molto interessato ai paesi dell’Africa australe. Una volta a Capetown, ha messo in fila i lati positivi che la città offriva: clima quasi sempre bello e dall’aria purissima; estati lunghe e spiagge da sogno, per lei che ama l’acqua in tutte le versioni. Città del Capo offre i vantaggi e le comodità di una metropoli, senza per questo rinunciare a un’atmosfera di fondo che è rilassante perché è la gente che vive qui a renderla tale. Natura splendida, continua Sandra (favoloso è il circuito di Capo Agulhas) sport per tutti e conseguenti opportunità d’aggregazione e nuove amicizie. Le zone verdi abbondano e le architetture spaziano da quelle coloniali ai moderni quartieri del centro finanziario. Poi negozi, mercati, centri commerciali, specie nell’area del Waterfront, lungo il porto, senza trascurare il caratteristico quartiere musulmano. Oltretutto, Capetown non ha i problemi di violenza o razzismo che altre città sudafricane hanno. Insomma, ci si vive proprio bene. Nessuna pecca, nessun lato negativo? Mentre si toglie dal braccio l’ennesima sanguisuga, Sandra ammette che ce ne sono alcuni: eccessiva burocrazia che penalizza gli immigrati (documenti, permessi), usare l’auto non di rado è un azzardo perché scarseggia l’educazione stradale e troppi sono quelli che guidano in stato d’ebbrezza. Per di più la maggior incidenza di incidenti stradali è dovuta proprio ai taxisti! Piccoli nei, conclude Sandra, ampiamente compensati dai molti aspetti positivi che la città offre. Mi gira le spalle, un paio di bracciate nella vasca di cemento e risale per bere in compagnia.
L’appuntamento con la terza sanguisuga, comunque, è solo rimandato.