Mentre parte l’assalto dei giornalisti freelance ai 600 € governativi erogati dall’Inpgi2, nessuno ha pensato alle migliaia di “false partite iva” dei dipendenti camuffati da liberi professionisti. I quali riscuotono con regolarità parcelle-stipendio, ma rischiano di passare avanti ai freelance veri.

 

Nel generale caos emotivo che contraddistingue il momento e tutto ciò ad esso correlato, con particolare riguardo alle questioni economiche, fiscali e comunque di tasca, mi pare che nessuno abbia ancora puntato il dito su una questione importante, che rischia di attenuare non di poco i già modesti benefici derivanti dai provvedimenti presenti e futuri adottati dal governo a sostegno dei liberi professionisti. Giornalisti freelance inclusi, naturalmente.

E’ la questione delle cosiddette “false parte iva“.

Ovvero di coloro che (quasi sempre loro malgrado, sia chiaro) camuffano o sono costretti a camuffare da autonomo un lavoro dipendente, andando così artificiosamente a incrementare il numero di chi la libera professione la esercita per davvero, con relativi pro e contro. E andando anche – qui il nodo – a concorrere con costoro nella prevedibile corsa all’accaparramento degli “indennizzi” anticoronavirus da 600 euro destinati alle varie tipologie di freelance attraverso le rispettive casse autonome.

Intendiamoci: niente guerre tra poveri, ci mancherebbe.

Ma che di una patologia tutta italiana (cioè il lavoro dipendente spacciato per autonomo) debbano fare le spese i più deboli, indifesi e incolpevoli di tutti, cioè coloro che fanno per davvero ciò che dichiarano di fare, ovvero i liberi professionisti, mi pare ingiusto e grottesco.

Nè del resto, se fossi un falso autonomo, perderei ora l’occasione per reclamare di essere regolarizzato o comunque inquadrato, anzichè continuare a mimetizzarmi in un sottobosco in cui rischio di restare imprigionato per tutta la vita.

Non ho idea, e non ho nemmeno voglia di cercare, ammesso che esistano notizie in merito, di quale sia, sul totale delle partite iva, la percentuale di quelle “false“. Certamente, alla luce dell’evoluzione del mercato del lavoro degli ultimi dieci anni, è una percentuale elevata ed  in crescita. Quindi un bubbone destinato, prima o poi a esplodere. Ecco: prima che vada in suppurazione come una fistola, forse sarebbe il caso di inciderlo.

Ma torniamo all’oggi.

E allo specifico di noi giornalisti freelance per i quali, come tutti i colleghi ben sanno, le prospettive tanto a breve quanto a medio periodo sono non pessime, bensì tragiche (per il lungo periodo non c’è nemmeno prospettiva).

Supponiamo che tutti noi facciamo domanda all’Inpgi2 per i famosi indennizzi da 600 euro. Che sono pochi assai ma, se ripetuti mensilmente fino alla fine dell’emergenza come il governo fa sperare, qualcosa pur sempre sono.

Bene. L’ente di previdenza fa i suoi accertamenti, scarta chi non ha diritto, concede il bonus a chi deve averlo e poi si scopre che il 10, o 20, o 30% di costoro sono false partite iva. Cioè persone che, nella disgrazia collettiva a cui compartecipiamo, proprio in virtù della loro posizione fittizia riscuotono comunque tutti i mesi dal datore di lavoro, con una regolarità che il freelance si sogna, una certa cifra che a sua volta, comunque, pur nelle sembianze di una parcella, somiglia a quella di uno stipendio, quindi con una sua congruità.

Ecco: i freelance scavalcati in graduatoria (magari per aver presentato istanza venti secondi troppo tardi rispetto a un altro, visto che i fondi sono a esaurimento e che l’ordine di erogazione sarà cronologico in base appunto alla presentazione della domanda), saranno proprio contenti? Accetteranno pacatamente questa ennesima cornificazione e mazziatura?

E’ una domanda che forse dovremmo cominciare a porci e, auspicabilmente, a prevenire.

Qualcuno eccepirà, non del tutto a torto, che per chi incassa regolarmente le parcelle-stipendio sarà arduo provare il calo di introiti del 33% previsto dal decreto per il primo trimestre del 2020. Arduo però fino a un certo punto se ad esempio, come adombravo ieri, a me freelance certi pagamenti attesi da tre, sei, dodici mesi, arrivano per l’appunto solo nel trimestre incriminato, facendomi passare per ricco o non danneggiato.

Quanto ai trimestri successivi, è evidente che, per il blocco delle attività, anche le notule delle false partite iva difficilmente verranno pagate con puntualità, e quindi i loro introiti risulteranno danneggiati dall’emergenza virus come i nostri: pertanto torneremo tutti alla pari.

Ma su punti complessi come questo, chi è il nostro interlocutore, anche considerando il fatto che a livello governativo si hanno adesso ben altre e giuste priorità, della quali noi siamo comunque un’infinitesimale (ma non inesistente) componente?