Pomeriggio di lunedì all’ufficio postale di un popoloso centro della provincia senese.
Macchinetta elettronica per i numerini, display, gente che nell’attesa spippola al cellulare, giovani vestiti (o che credono di essere vestiti) a la page.
Prima di me c’è un trio: madre sulla quarantina, figlia (ipsa dixit) diciottenne e sorella adolescente.
Prende la parola la figlia maggiore che, sventolando sotto il naso dell’impiegata la carta di identità, così esordisce: “Ha detto Renzi (testuale, ndr) che qui posso pagare i viaggi formativi, che cosa devo fare?”.
L’addetta è perplessa. Guarda la mamma con espressione interrogativa.
La mamma, col tono di chi compatisce la figlia, prende in pugno la situazione: “A scuola ci hanno detto che chi ha compiuto diciotto anni può avere i viaggi di studio pagati”.
L’impiegata ci capisce sempre meno: “D’accordo – azzarda – ma perché venite qui? Forse dovreste chiedere alla scuola”.
La mamma sta per replicare ma la figlia, stizzita, la zittisce. “Fai parlare me!”, esclama.
E poi, rivolgendosi all’impiegata e sempre brandendo il documento: “Renzi ha fatto una legge che dice che dopo i diciotto anni posso avere i viaggi di studio pagati alle poste”.
La povera donna dietro al vetro non sa più che dire. “Forse – osa – intendeva che puoi avere un credito spendibile presso le poste, ma questo devi fartelo chiarire a scuola”.
Segue acceso battibecco tra madre e figlia, che si accusano vicendevolmente di non saper spiegare e di non aver capito, senza rendersi conto di aver preso invece il medesimo, ridicolo abbaglio. Anche la minore tenta di inserirsi, reclamando diritto Per gli over 16.
Poi chiamano il mio numero a un altro sportello.
Quando ho sbrigato le mie cose le tre sono ancora lì.
Esco pensando che una ciclica reimmersione tra le gente vera dell’Italia profonda è indispensabile per capire cosa frulla nella testa dei compatrioti.
E cosa non frulla.