Mentre ricorre il cinquecentenario della nascita, la figura del proteiforme artista viene ricordata dal grande pubblico principalmente come quella dell’autore del “Le vite”. Una mostra agli Uffizi e un’altra, itinerante, in Giappone, cercano di rendergli giustizia.
“Il Vasari è in tutto, nel senso buono come in quello cattivo, il vero patriarca e padre della chiesa della nuova storia dell’arte e dell’architettura” (Julius Von Schlosser).
Quest’anno mi sarei aspettato più eco per il cinquecentenario della nascita di Giorgio Vasari, caduto proprio tra qualche settimana fa (l’artista nacque ad Arezzo il 30 luglio 1511).
Un po’ per la grande popolarità di questo personaggio trasversale, pittore, architetto nonché autore del più famoso trattato di storia dell’arte di tutti i tempi, legato a filo doppio alla città di Firenze, dove progettò gli Uffizi, costruì il celebre Corridoio per collegarli a Palazzo Vecchio e concepì, dipingendone 1.200 mq, il Giudizio Universale che abbellisce la cupola del Brunelleschi nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.
E un po’ perché la sua figura è stata anche di recente al centro delle cronache, prima con la controversa vicenda della minacciata vendita del prezioso archivio a investitori russi e poi, pochi giorni orsono, con la clamorosa (qui) dazione in pegno del medesimo, da parte della famiglia proprietaria, a garanzia di misteriosi affari in Romania.
Invece del Vasari si continua a parlare abbastanza poco. E nella maggior parte dei casi come autore delle “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”, del 1550.
Eppure le celebrazioni vasariane, e con esse il riconoscimento dell’importanza a tutto tondo della sua figura, sono in pieno corso.
La prima e principale è ovviamente la grande mostra (qui) aperta fino al 30 ottobre alla Galleria degli Uffizi: “Vasari, gli Uffizi e il Duca”. Dove il duca è ovviamente Cosimo de’ Medici. E la mostra è un viaggio attraverso i talenti e le tante “vite” artistiche del suo instancabile collaboratore, riuniti tra le mura della sua più importante opera architettonica, la galleria nata tra il 1559 e il 1581 per ospitare le tredici “magistrature” fiorentine. “Un’esposizione assai poco accademica e molto pensata per il pubblico, viva insomma”, la definisce il direttore del museo, Antonio Natali. Nonché capace di restituire al visitatore sia il contesto entro il quale il Vasari visse ed operò, sia l’idea ormai planetaria degli Uffizi-icona architettonica, modello che nei secoli ha ispirato vedute, dipinti e architetture tanto reali quanto immaginarie.
In mostra (collocata purtroppo al termine del percorso museale e quindi non visitabile autonomamente), accanto a importanti opere vasariane, come i ritratti di Lorenzo il Magnifico e le tavole preparatorie degli affreschi di Palazzo Vecchio, scorrono così pure i dipinti e le sculture degli “amici” e dei “nemici” coevi del nostro ed è ricostruita la temperie culturale e ambientale all’interno della quale Vasari agì: ecco allora alcuni dei portoni originali (collocati scenograficamente sul verone affacciato sull’Arno) realizzati per gli uffici medicei, un grande ambiente (con tanto di “sonoro” e pannelli touch screen) dedicato alle tecniche di demolizione e di costruzione utilizzate per l’edificazione del palazzo, un altro (“Cinema Uffizi”) dedicato alla proiezione di spezzoni di film in cui, per usare ancora le parole di Natali, “la Galleria è parte della storia”, poi plastici, carteggi, documenti nelle teche originali. E, in chiusura, il grande ciborio (5 metri d’altezza) realizzato nel 1566 dal Vasari per la basilica di Santa Croce e che sintetizza, in una sola opera, la sua proteiforme creatività di pittore, scultore e architetto.
E’ proprio la figura di Claudia Conforti, ideatrice dell’esposizione fiorentina, a collegare idealmente la mostra in corso nel capoluogo toscano con l’altra (info qui) che, sotto la sua supervisione e promossa dai nostri ministeri dei Beni Culturali e degli Affari Esteri, prenderà il via il 26 settembre all’Istituto italiano di Cultura di Tokyo per poi spostarsi in altre città giapponesi e approdare a Seul nel 2012: “Gli Uffizi di Giorgio Vasari: la fabbrica e la rappresentazione”, a cura di Olimpia Niglio e di Taisuke Kuroda.
Qui sarà esposto un grande plastico degli Uffizi e del Corridore, con immagini relative alla loro progettazione, foto delle opere del Vasari, grafici a cura dell’Università IUAV di Venezia, con una sezione sarà dedicata al progetto dell’architetto Arata Isozaki per la nuova e discussa “loggia”, a cui sarà dedicata anche una giornata di studi. Grazie al contributo di G.E.M.A – Grande Enciclopedia Multimediale dell’Arte, per la prima volta al mondo sarà poi possibile consultare, su supporto informatico le oltre 700 immagini dell’opera omnia dell’artista, con la relativa bibliografia.
“E’ da lungo tempo tramontata – dice la professoressa Niglio, docente di restauro architettonico all’Università degli studi e Campus, Novedrate (Como) – la concezione strumentale dell’opera storica, architettonica ed artistica del Vasari quale fonte principale per la storia del Rinascimento artistico italiano. Contrariamente ai progressi degli studi specialistici che sono stati dedicati a Giorgio Vasari nel XX secolo, oggi di rado nei percorsi di ricerca e di studio il suo contributo è citato se non ricordandone l’esistenza principalmente per le “Vite”. L’attività di scrittore è stata senza dubbio meritoria, ma più ancora significativa e innovativa per il suo tempo è stata l’attenzione che il Vasari ha rivolto all’arte e all’architettura. Vasari è stato un virtuoso pittore, un abile storico ed un architetto innovatore, capace di confrontarsi con progetti di ampie prospettive.