Dici la verità, rispondono che cerchi visibilità. Se il riso abbonda nella bocca degli stolti, la calunnia è invece un venticello stalinista che spira da quella degli infami. Amato da chi, non volendo che si sappia il vero, colla menzogna prova a infangare la reputazione di chi lo racconta. A volte, però, dimostrare il falso è un problema. E allora…
Premessa: questo è un post a orologeria. Anzi, mirato. Chi vuole intendere, intenda.
Ma, ciononostante, è anche una difesa d’ufficio di tutti coloro che, sopportando poco l’untuosità e l’ipocrisia dilaganti, ogni tanto si stufano e la verità la dicono. Eroi? Macchè. Scoperchiatori di realtà scomode? Neppure. Spesso semplici verità. Solo che al mondo c’è chi vive di altarini e quindi si trova in difficoltà perfino di fronte alle verità “normali“.
E così, sebbene oggi più nessuno, neppure i comunisti confessi, si dichiari apertamente stalinista, ci si accorge che l’eredità del vecchio Baffone è vivissima in ogni strato della popolazione.
Ha di preferenza preso piede, metodologicamente parlando, in tutti i partiti, le organizzazioni, le aggregazioni in cui si gestisca o ci si illuda di gestire qualche potere, oppure si abbia un qualche incoffessabile, magari solo riservato interesse da difendere. Meglio se economico e camuffato da passione disinteressata.
Il pilastro dello stalinismo è la calunnia.
Vi ricordate il motto? “Calunniate, compagni, calunniate: qualcosa resterà”.
Utilizzatissimo in politica, questo meschino ma efficace strumento di propaganda nonchè di consolidamento del consenso si abbina spesso all’applicazione della congiura del silenzio, che consiste nel calunniare riservando però un silenzio tombale a qualunque replica, o smentita, o voce contraria. In modo tale che intanto la calunnia possa circolare nei modi consueti, in forma di passaparola, diffondendosi tra i consociati sommessamente, da orecchio a orecchio e di sussurro in sussurro, così che il venticello non giunga mai al diretto interessato. Il quale, non sapendo, neppure può prendersi la briga di tentare una reazione. E che comunque, just in case, si troverà di fronte a un muro ammiccante di muti.
Col tempo, il metodo si è poi raffinato e adattato alla casistica.
Mettiamo ad esempio che ci sia qualcuno che dice piccole verità, ma imbarazzanti e come tali teoricamente idonee a danneggiare i soliti, rarefatti interessi diffusi, condivisi, sottaciuti, omertosi, trasversali, obliqui. Le cose che “lo sanno tutti” o che “lo fanno tutti”, ma che nessuno denuncia, né dice chi di preciso. A tutti conviene tacere.
Ecco, con quale argomento calunnioso chi si vede minacciato dalla verità cerca di ribattere, di arginarla?
Semplice: sostenendo appunto che chi la dice non dice il vero, ma semplicemente cerca “visibilità”.
Insomma, alla verità si risponde con una calunnia. Quale replica più efficace?
Nota bene: in questi casi il calunniatore non si limita ad accusare il prossimo di affermare il falso, ma per aggiungere veleno e discredito dice appunto che lo fa meschinamente, a bella posta, con un doppio fine, perseguendo un proprio tornaconto, una vanità pelosa. Per mettersi in mostra e attirare l’attenzione, appunto.
Il giochino, nonostante sia scoperto, spesso funziona.
Perché si basa su un perverso castelletto di bugie allusive, precostituito a base di “si dice”, di notizie vaghe spacciate per certe, di semplici sospetti propalati per certezze assodate, di interpretazioni volutamente maliziose.
Di questo tipo di calunnie i giornalisti – o meglio quelli onesti, che raccontano fatti veri in quanti verificati, e non “verità” ideologiche – sono tra le vittime predestinate.
Si sa come va il mondo, forse bisognerebbe farsene una ragione e rassegnarsi.
Con un accorgimento, però. Oggi le informazioni, comprese quelle vere, circolano molto velocemente, come e più dei pettegolezzi, rendendo spesso leggibile, o almeno intelligibile, ciò che finora era rimasto artatamente nascosto dietro cortine di opacità e di trasversalità.
Chi per lavoro o convenienza continua a usare i vecchi metodi di Baffone dovrebbe informarsi meglio e aggiornarsi perché, hai visto mai, a volte le calunnie possono trasformarsi in un boomerang.
E i boomerang sono di legno: quando tornano indietro e ti arrivano tra capo e collo senza preavviso, fanno male.
PS. A pensarci bene, può darsi che anche il buon vecchio Jozip sia vittima di una calunnia: non si inventò lo slogan, ma si limitò a far suo un concetto altrui. Alcune fonti infatti attribuiscono infatti la famosa frase anche a Voltaire, a Rousseau e a Beaumarchais. Quello che non cambia, però, è il senso. Chiaro perfino ai sordi e ai muti.