Se un ufficio stampa non funziona è colpa dell’incapacità del titolare o del committente, che non sa cogliere l’inadeguatezza dei suoi collaboratori? I quali, per proteggere se stessi, sabotano i colleghi?
Uno dei più insondabili misteri nel settore dei cosiddetti “rapporti coi media“, istituzionali e non, è il seguente: quando l’addetto stampa, o il portavoce, o come lo volete chiamare, è inefficiente (sottolineo: quando lo è, cioè non sempre ma per fortuna solo talvolta, lo dico a beneficio e tutela dei molti bravi sulla piazza), egli è tale per inadeguatezza professionale sua o perchè il suo capo-referente è a sua volta inefficiente, o incapace, o non lo mette in grado di fare bene il suo lavoro?
Probabilmente è di tutti e tre i casi, in svariate combinazioni.
Perchè altrimenti non si spiega come mai esistano, ad esempio, uffici stampa occhiuti e permalosi, che si offendono a morte se li scavalchi o magari osi prendere contatti diretti col loro protetto (cosa di cui poi si vendicano, mettendoti i bastoni fra le ruote), ma che, se invece li interpelli prima, ti ignorano, non ti rispondono, se ne fregano, si dimenticano o fingono di dimenticarsi delle tue richieste. Le quali in realtà, a pensarci bene, sarebbero proprio uno dei motivi per i quali hanno ricevuto quell’incarico e occupano quel posto.
Poi c’è un secondo interrogativo, più sottile e, in sostanza, deontologico: in quanto colleghi, costoro non avrebbero il diritto-dovere da un lato di far presente ai committenti le effettive esigenze dei giornalisti e dall’altro di comportarsi verso questi ultimi con la lealtà, la professionalità, la trasparenza che non è un optional, ma un obbligo tra colleghi iscritti al medesimo Ordine?
La difficoltà (notevole, lo riconosco) di quel mestiere sta infatti nella necessità di saper mediare con successo tra i contrapposti bisogni di trasparenza-verità da una parte e tutela-gestione della comunicazione del committente dall’altro.
Altrimenti, per fare muro contro i seccatori basterebbe avere un portinaio acido, umorale e spione che, con l’ampia prospettiva offertagli dalle quattro mura della sua guardiola e dal monotono andirivieni di inquilini, filtra gli accessi a suo capriccio e tornaconto, con buona pace dei condomini.
Naturalmente chiedo per un amico (giornalista).