Titolare di Fontodi a Panzano, classe 1963, è stato acclamato per la terza volta consecutiva ai vertici del Consorzio. Un segnale di continuità programmatica da non sottovalutare.

 

Se la memoria non m’inganna, il compianto Lapo Mazzei fu presidente del Consorzio del Chianti Classico dal 1974 al 1994: senza dubbio un record. Ma erano altri tempi, altri consorzi. E, in fondo, altri vini.

Non so se la terza (ri)elezione (per acclamazione, si legge) di Giovanni Manetti alla guida del Gallo Nero, avvenuta oggi, sia a sua volta un record, ma è senza dubbio un segnale. Perchè il neoeletto consiglio di amministrazione non ha solo chiamato Manetti a ricoprire il terzo mandato triennale consecutivo, ma ha confermato anche i suoi due vice: Francesco Colpizzi e Sergio Zingarelli. Sintomo di una coesione che, al di là di ogni poco credibile ipotesi di ecumenismo assoluto, restituisce l’idea di un sodalizio determinato, al di là delle fisiologiche correnti interne, a dare continuità in un momento storico ed economico non facile nè per la denominazione, nè per il vino in generale, col calo planetario dei consumi e delle incertezze che vengono da un mercato inquieto.

E non è un caso, quindi, che il comunicato diffuso per l’occasione sottolinei come l'”esperienza varia e matura (di Manetti, ndr) ha accolto il pieno consenso delle differenti categorie, rappresentate nel Consiglio di Amministrazione del Consorzio tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori) le quali hanno ribadito la loro fiducia nell’approccio strategico promosso da Manetti, basato sulla ulteriore valorizzazione della denominazione del Gallo Nero, attraverso una continua ricerca della qualità del prodotto, fatta di autenticità e territorialità, migliorandone il posizionamento e l’immagine sui mercati nazionale e internazionale“.

Al di là delle parole di circostanza, non è un mistero come il pragmatismo soft di Giovanni Manetti abbia portato in porto negli ultimi anni risultati importanti, come l’introduzione delle Unità Geografiche Aggiuntive (UGA) nel disciplinare di produzione, l’aumento della quota minima del 90% di Sangiovese per la tipologia Gran Selezione e il divieto di utilizzare, per questo vino, i vitigni internazionali. E’ in corso, e sarà impegnativo, il lavoro per il riconoscimento UNESCO, a cui è collegato il lavoro ancora più insidioso e impegnativo sul finora un po’ fumoso protocollo di sostenibilità per il futuro della denominazione, senza dubbio una delle priorità nell’agenda del presidente del triennio 2024-2027.

Manetti, del resto, ha dimostrato di sapersi ben districare tra i problemi complessi: classe 1963, Cavaliere del Lavoro dal 2021, tecnico e imprenditore, membro del Consiglio di Amministrazione del Consorzio dal 1992 e   Vice Presidente dal 2012, è stato protagonista delle celebrazioni per il Centenario, festeggiato proprio quest’anno.

Sono stato chiamato a rinnovare la disponibilità a guidare il Consorzio e sono molto contento della fiducia nuovamente mi si accorda”, si legge nel commento ufficiale, in cui Manetti ringrazia tutti ma “in particolare i viticoltori chiantigiani […] per continuare a credere nella “casa comune”, che è il nostro Consorzio. La coesione  è infatti, come più volte ho sottolineato, uno dei punti di forza della nostra denominazione: uniti si vince”.

Oltre che un ringraziamento, pare anche un manifesto. E pure un monito.