di URANO CUPISTI
L’Egitto “fai da te”, nel 1979, più che sconsigliato era impensabile. Le principali raccomandazioni riguardarono l’acqua potabile e la carta igienica. Che fu in effetti il fedele fil rouge dell’avventura.
Negli anni ’70 dell’Egitto conoscevamo le cose studiate alle medie, quelle sbirciate sulle enciclopedie illustrate e quelle ammirate sulle rare cartoline di chi c’era già stato: le Piramidi, la Sfinge, Luxor con la Valle dei Templi, Abu Simbel e poco altro. Sharm el Sheikh era poco più di un villaggio di pescatori, Marsa Alam irrintracciabile perfino sulle carte geografiche. Avventurarsi lì da soli appariva pertanto inimmaginabile.
Sebbene il paese fosse dato per sicuro, visto il regime instaurato da Anwar Sadat, tutti sconsigliavano di andare in Egitto in solitaria. Meglio con tour organizzati e visite guidate.
Ma l’anima ribelle del viaggiatore incallito mi portò ad effettuare lo stesso il viaggio, armato di sacco a pelo e tanta, tanta carta igienica.
Le raccomandazioni pre-partenza erano le solite e tutte riguardavano l’acqua:
– Non bere acqua se non ben sigillata e da fonte sicura;
– Quando ti lavi attento a non ingerire gocce di acqua;
– Farà caldo, ma evita bevande con ghiaccio, bibite non sigillate, gelati;
– Durante le traversate sul Nilo con le dahabiya o le feluche evitare di toccare le acque del fiume.
Finì che è stato il viaggio in cui ho bevuto tanta Coca Cola da non credere. La usai anche per l’igiene dentale mattutina, sia con dentifricio che risciacquo, tutto fatto a base della rinomata bevanda americana.
C’era una sola ulteriore raccomandazione, la più importante: portati dietro tanta carta igienica perché, te ne accorgerai, loro non la usano. Vanno in bagno con una bottiglietta d’acqua.
Fu questo il mio vero impatto con la vita quotidiana egiziana degli anni settanta.
Arrivai a Il Cairo via Atene con la Olimpic Airwais (l’offerta migliore per la tratta aerea). Per orientarmi scelsi di pernottare in un quattro stelle (egiziane): Leopard Hotel.
Nel bagno in effetti non c’era la carta igienica. La chiesi alla reception: era a pagamento e ne davano 20 strappi dietro il corrispettivo di 2 dollari. Sopra il water una bottiglietta d’acqua. Mi fu detto che l’usanza dei musulmani era quella. L’indicazione datami prima della partenza era giusta ed i miei rotoli portati in abbondanza furono, oltre per il quotidiano consumo, merce di scambio durante la mia avventura egiziana.
La visita al Cairo fu solo di due giorni. Un terzo fu dedicato alle Piramidi compresa la Sfinge e poi via dalla caotica metropoli.
Un autobus sgangherato mi portò a Saqqara, la piramide a gradoni risalente a circa 3.000 anni a.C.
Fu una lotta con i cammellieri che volevano per forza che utilizzassi quel mezzo di trasporto. Alla fine decisi di pagare il pizzo senza montare sopra il cammello. Devo dire che il giovane cammelliere egiziano mi seguì per tutto il giorno fino a quando non presi un autobus, sempre sgangherato, che, con un giro tra i villaggi disseminati lungo la via, mi portò a Luxor. Qui ammirai tutto l’ammirabile: Valle dei Re, Tempio di Karnak, Tempio di Luxor. Tempio di Hatshepsut at Deir el Bahari, Museo di Luxor, Tomba del Re Tutankhamun, Tomba della Regina Nefertari, Tomba di Ramses VI.
Rimasi in quella città tre giorni, vivendola da puro turista, con tanto di spettacolo di suoni e luci al Tempio di Karnak, e dispensando anche lì carta igienica a destra e a sinistra.
Assuan mi colpì in modo particolare per quella diga voluta dal Nasser per produrre energia da destinare all’industrializzazione del Paese. Fu allora, in fase di progettazione, che ben 113 paesi si mobilitarono per salvare monumenti importanti che sarebbero stati sommersi dalle acque del nascente lago. Tra quelli, le rovine del sito archeologico di Abu Simbel. Per salvarlo tagliarono blocco per blocco l’intera opera, posizionandola 65 m più in alto e 210 m più indietro. Interessante sapere che tra i duemila uomini impiegati furono i cavatori di Carrara a guidare le operazioni di taglio. Costo dell’operazione: 40 milioni di dollari (Fonte Unesco).
Da Abu Simbel il mio rientro verso Il Cairo avvenne con diversi mezzi, per lo più pubblici ma anche privati, con avventura nell’avventura.
Mi mancava a questo punto, come da programma, attraversare il canale di Suez, salire sul Sinai e fare qualche giorno di mare sulla costa del Golfo di Aqaba.
Il Canale lo attraversai proprio a Suez, il porto a Nord del Mar Rosso. Al Monte Sinai l’ascesa fu nella nebbia e mancò la suggestione mistica e quella panoramica. Mentre il bagno nella barriera corallina antistante il porticciolo di Sharm el Sheikh lo ricordo come uno dei più affascinanti fatti in giro per il mondo.
Non c’era ancora l’aeroporto a Sharm. Il rientro a Il Cairo fu inevitabile. Ricordo che lasciai tutta la carta igienica rimasta all’addetta ai piani del Leopard Hotel. Sicuramente un regalo gradito, in particolare per il suo business spicciolo con i clienti europei.
Dimenticai però di contare i piani dell’albergo e di verificare, così, quanti avrebbero potuto essere coperti dalle morbidezze che mi ero lasciato alle spalle.