Giorni fa ho dedicato una nota (vedi sotto) all’effetto nefasto che la sola presenza dell’obbiettivo di una telecamera produce sulla gente, riducendo a ebete integrale chi già dalla natura era stato messo sulla buona strada.

Con grande sorpresa, ma probabilmente per mia negligenza, non ho letto in giro commenti sufficientemente indignati per quanto davvero è accaduto ieri durante la prima tappa del Tour de France, quando una spettatrice con un cartello in mano ha provocato una gigantesca e pericolosa caduta, con tanto di ritiri dalla corsa.

Sì, perché sembra che a molti sia sfuggito un dettaglio fondamentale: cioè il fatto che la demente, la quale brandiva un messaggio di incoraggiamento o di saluto per qualcuno (non ho capito bene, ma è irrilevante), non lo ha mostrato al gruppo dei corridori in arrivo, che poi le ha sbattuto contro con le conseguenze dette, ma lo ostentava alle telecamere che inquadravano i ciclisti.

In altre parole, l’imbecille esibizionista, per ritagliarsi i proverbiali cinque secondi di celebrità, si è sporta sulla strada guardando il cameraman e voltando le spalle ai ciclisti, senza così capire quanto fossero vicini e veloci.

Quindi bum, impatto, caduta, eccetera.

Fossi stato un concorrente, anziché risalire in bici, le avrei spaccato sulla testa la due ruote e il cartello. Dopodiché l’avrei abbandonata al linciaggio dei tifosi.

Ma la penso così solo io?