Dopo aver letto (qui) della ventilata abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, molti colleghi si sono meravigliati della mancanza di una mia intemerata antisindacale, essendo noto che (per fortuna non da solo) ritengo il sedicente sindacato unico (Fnsi, Fnsieg per gli amici) il principale responsabile dello sfacelo della nostra categoria, grazie a una sciagurata, continuativa, consapevole commistione di insipienza, malizia, miopia e secondi fini.
Forse una spiegazione del mio silenzio in proposito è dunque dovuta, ma non intendo dilungarmi, perchè la questione è semplice.
Primo. Se muore l’OdG e quindi muore la categoria dei giornalisti, rischia di morire anche il sindacato. Ciò che, paradossalmente, è uno dei teorici salvagente su cui può davvero contare l’Ordine per sopravvivere: non c’è dubbio infatti che l’apparatchik di Corso Vittorio lotterà fino in fondo per tenere in piedi il baraccone del potere faticosamente costruito nel tempo. Naturalmente esistono anche le avvisaglie dell’esistenza di un più maligno piano B: quello che il sindacato intenda viceversa contribuire alla morte dell’OdG proprio col disegno di issarsi al suo posto, facendo sponda su certe recenti tendenze edulcoranti che mirano ad “allargare” i confini, soprattutto deontologici, della professione. Ma di questo ho già parlato qui.
Secondo: c’è anche qualche speranza che, viceversa, l’OdG venga prima ben riformato, quindi sopravviva e che, in conseguenza di ciò, l’Fnsi sia costretta a rivedersi, adeguarsi, magari a sdoppiarsi, visto che in un quarto di secolo di politica omissiva verso l’unica e sempre più numerosa parte veramente bisognosa di assistenza sindacale, quella del calderone precari-abusivi-pubblicisti-freelance, il sindacato ha perso la rappresentatività effettiva del 75% dei giornalisti italiani, leggasi autonomi. Perciò stiamo a vedere, a volte non tutto il male vien per nuocere.
Terzo: l’appartenenza a un sindacato è il frutto combinato della speranza in un futuro lavorativo e della necessità di difenderlo. La crisi dell’editoria e della categoria giornalistica sono ormai così avanti e viaggiano a tal punto di pari passo che quelle due esigenze fondamentali ora sono pressochè venute meno. Quindi puntare l’indice verso un altro quasi caro estinto come l’Fnsi ha poco senso.
Consueta ma sempre necessaria precisazione finale. Non me ne vogliano i tanti colleghi impegnati in buona fede nel sindacato: non ce l’ho con loro individualmente, è ovvio, ma con l’istituzione. Della quale anche loro sono vittime, spesso ignare.