I disobbedienti-non-violenti pro clima di Ultima Generazione lanciano un appello ai giornalisti italiani: venite a lavorare per noi, ma gratis. E comportandovi da bravi militanti, sennò non vale.
Se ci fosse ancora bisogno di dimostrare che il nostro mestiere, cioè quello di giornalisti, è alla deriva, in quanto ostaggio di un sistema anarchico, che nessuno riforma e che nessuno governa, ecco venir fuori una caso clamoroso, in grado di mettere una pietra tombale sulla questione e su tutti noi, superstiti mestieranti della penna perduti in un avvitamento senza fine.
Se ne esce “Ultima Generazione” (avete presente quelli che imbrattano i monumenti con vernici lavabili per protestare contro il “collasso ecoclimatico“?) con un annuncio urbi et orbi che fa trasalire e compie subito il giro del web, facendo incetta di commenti non di rado surreali.
Eccolo:
“L’ufficio stampa di Ultima Generazione ha bisogno di giornalisti!
Abbiamo bisogno di persone che sappiano raccontare la crisi climatica, che vogliano mettersi alla prova per elaborare la narrazione di Ultima Generazione!
Lavoro volontario: si partecipa al progetto di comunicazione di Ultima generazione.
Ci serve una persona con spirito di avventura e animo ribelle. Ti riconosci? Contattaci, così ne parliamo.
Unisciti all’ufficio stampa di Ultima Generazione mandando subito un messaggio whatsapp a: +39 379 1886195”.
Silenzio in sala. Sconcerto. Stupore.
I pasdaran della materia, e parecchi di quelli che avendo il culo al caldo possono fare i democratici con (appunto) il culo degli altri, plaudono, si emozionano, incoraggiano perfino. Molti scuotono invece la testa, rassegnati all’abisso. E alcuni, quorum ego, si incazzano.
Riassumendo, l’organizzazione dei disobbedienti-non-violenti tenta di superare a destra qualsiasi principio di professionalità, facendo strame dell’imparzialità giornalistica e pure del senso del pudore chiedendo, coi toni della chiamata alle armi e come se nulla fosse:
- lavoro gratuito e direttamente esplicitato, con buona pace del fatto che quello del giornalista è o sarebbe un mestiere e, in quanto tale, sarebbe da retribuire e da tutelare per default, a prescindere dal settore e dai modi di svolgimento dell’attività;
- una “partecipazione al progetto di comunicazione” che però, intendiamoci, sia militante e perciò espressamente di parte, e metta quindi a disposizione della causa, ma nummo ullo si capisce, la capacità professionale del volontario (“saper raccontare”) a servizio non dell’informazione, come sarebbe proprio dei giornalisti, bensì della propaganda (“elaborare la narrazione”).
Naturalmente non entro nel merito delle posizioni ideologiche di Ultima Generazione, anche se non provo alcuna simpatia per costoro. Mi concentro sulla scandalosità della proposta, che appare davvero surreale non solo in sé, ma perché non è affatto escluso che qualcuno abbocchi.
A riprova che della professione, del suo senso, della sua dignità, dei suoi scopi e delle sue regole fondamentali non si ha ormai più nemmeno contezza. Anzi, proprio si ha nemmeno una pallida idea.
Sia chiaro: il volontariato è comunque una bella cosa e chiunque è libero di farlo come meglio crede. Che possa tuttavia essere praticato impunemente sulla pelle professionale degli altri, in una forma estrema di concorrenza sleale, e aggirando le regole più elementari della categoria – oltretutto ordinistica, quindi dotata in teoria di prerogative, rilevanza e responsabilità maggiori di altre – alla quale si appartiene, lo è un po’ meno.
Si resta in attesa, va da sè, che l’ingessato OdG (visto che l’appello si rivolge espressamente agli iscritti all’Albo) e il bellicosissimo (come no…) sindacato escano dal torpore irreversibile delle loro abituali camarille e diano in proposito un qualche segno di vita, cogliendo al volo l’occasione.
Non cambierà nulla, ma a volte anche i piccoli segnali aiutano a risollevare il morale a chi ce l’ha sotto i tacchi.