I pronipoti della Teti, poi Sip, poi Telecom non si smentiscono mai, restando insuperati maestri nel tessere ai danni dei clienti tele burocratiche talmente fitte da ritorcersi contro gli stessi tessitori. Eccone un esempio. Con soluzione finale draconiana.

 

Non si scrive mai male abbastanza dei gestori telefonici, che fanno di tutto, ma proprio di tutto, per farsi detestare.
E ai quali noi, colpevolmente, affidiamo il nostro destino appaltando loro la gestione dell’unico mezzo di comunicazione che ci è rimasto, lo smartphone. Il quale assorbe, diventandone il ras, la nostra parola, la nostra voce, la nostra scrittura e la nostra testa ex pensante.
Tradito da altri, che dopo anni di fedele rapporto hanno deciso di abbandonarmi (pretendono che tu rimanga cliente, ma siccome abiti in zone poco redditizie riducono le manutenzioni e gli impianti lasciandoti in pratica senza servizio), dopo quasi un ventennio sono tornato a TIM.
La qualità alla fine non è male, ma nonostante i cambi societari, le fusioni, le ragioni sociali e tutto il maquillage azionistico a cui abbiamo abbiamo assistito nel tempo, l’imprinting rimane quello della vecchia Sip, per non dire Teti: un carrozzone trascurato di stampo profondamente statal-monopolistico.
Non mi addentro nei ridicoli meandri burocratici e nel farraginosissimo sistema contrattuale, che già di per sè varrebbe un post, ma nella cosa più semplice del mondo: la riscossione delle bollette.
Ovvio, per evitare “chiodi” da parte della clientela, che la compagni prediliga la “domiciliazione bancaria” (addebito diretto in conto corrente, praticamente) o il loro appoggio a carte di credito.
Peccato che, almeno la TIM, poi faccia di tutto per evitare che ciò, anche se sollecitato dal cliente stesso, vada a buon fine: sono sei mesi che tra musichine gracchianti, menu vocali circolari, voci del golem, conversazioni surreali con operatori con accenti da teatro in vernacolo e rimandi a siti internet che il labirinto del minotauro gli fa un baffo, tento di pagare il “conto telefonico” tramite banca.
Nulla da fare.
Ieri mi hanno detto che dovevo dare alla banca medesima misteriosi codici stampigliati sul retro della bolletta affinchè il modulo che la banca stessa doveva compilare fosse corretto e l’operazione andasse a pallino. L’ho fatto. La banca ha eseguito e confermato anche telefonicamente l’invio della modulistica. Ora questi rispondono che invece devono essere contattati dal cliente stesso, al quale manderanno tramite email i moduli da compilare, per far si che la richiesta vada davvero a buon fine.
Bene, allora sai che faccio?
Rinuncio all’appoggio bancario, pago le bollette alla posta e se un giorno, maturati alcuni milioni di debito, scappo a Copacabana, tanti saluti alla TIM.
TIMmagini la loro faccia?