Una piccola azienda di Asciano, “capitale” delle Crete Senesi (la zona di produzione del pregiato tubero), ha presentato alla Mostra Mercato del Tartufo Bianco, in corso a San Giovanni d’Asso, un ingegnoso sistema che consente al consumatore di verificare, tramite uno smartphone, se il prodotto che ha comprato è vero o “finto”.
Non saremmo certo i primi a fare dell’ironia sul gioco di parole tra l’italiano truffa, cioè raggiro, e l’inglese truffle, cioè tartufo.
Perchè, da sempre, come del resto in tutti i settori delle produzioni di eccellenza (dalle griffe della moda all’agroalimentare di qualità), anche in quello del prezioso tubero i furbi abbondano.
Un’abbondanza dovuta non solo all’alto costo del prodotto (la cui quotazione, per il bianco, si aggira attualmente sui 3.500/4.000 euro al kg) e quindi alla lucrosità dei potenziali imbrogli, ma anche al fatto che il tartufo forse più di tutti era, almeno finora e per sua natura, qualcosa di sfuggente a qualunque idea di “tracciabilità“: in bilico tra frutto spontaneo e frutto coltivato, cercato e raccolto formalmente per “hobby” o quasi, ma oggetto di contrattazioni e di commerci tutt’altro che dilettanteschi, tendeva a vivere in una zona grigia in cui anche la contraffazione aveva un’aura romantica, creativa, artigianale e vagamente aneddotica.
Usiamo l’imperfetto perchè da oggi questa dimensione “eroica” potrebbe appartenere definitivamente la passato.
E’ infatti stato presentato stamattina alla XXVII Mostra Mercato del Tartufo Bianco delle Crete Senesi di San Giovanni d’Asso (SI) – di scena nel bel borgo toscano (meno di mille abitanti) questo e il prossimo weekend (infoqui) – il sistema di etichettatura Qrq che, a detta dei detentori del brevetto, permette di “tracciare” tramite smartphone l’origine del prodotto e quindi di smascherare all’istante l’eventuale natura “tarocca” del tartufo che si è appena acquistato.
Non solo, ma sempre grazie al medesimo sistema è possibile risalire al nome del produttore e ottenere tutta una serie di ulteriori informazioni.
Con l’aggiunta, per una volta consolante, che l’innovativo strumento non è nato dalle meningi di qualche cervellone indiano o californiano, ma praticamente in loco, ad Asciano, il capoluogo delle Crete Senesi e anch’esso luogo di produzione del rinomato “bianco”.
Il sistema, dicono quelli di Qr Quality, l’azienda titolare del brevetto, è a suo modo semplice e perfino divertente.
Funziona in pratica come un “gratta e vinci“. A ogni confezione di tartufo il sistema attribuisce un numero di codice, unico e non replicabile. Questo viene stampigliato sull’etichetta e nascosto sotto un velo argentato. L’acquirente deve solo grattare la pellicola e “leggere” il numero attraverso il proprio smartphone: egli riceve così, automaticamente, la certificazione di originalità (o l’avviso di non originalità) e le informazioni sul prodotto e sul produttore, mentre altrettanto automaticamente il sistema annulla il codice utilizzato, rendendo il numero illeggibile una seconda volta e quindi il barattolo non riciclabile ad uso commerciale.
“Questa originale combinazione di tecnologie – si legge in un comunicato della casa – fa di QrQ l’unico sistema sul mercato in grado di dare al cliente finale una garanzia assoluta sul prodotto acquistato, permettendo anche al produttore di avere un’immediata segnalazione delle eventuali contraffazioni. L’idea, brevettata e sviluppata da QrQuality, è stata già adottata da una multinazionale (la francese MCC, ndr) leader nel settore delle etichette per alimenti, con un accordo per la diffusione europea di QrQ nei settori cibo e bevande“.
Quello dei tartufi tarocchi è un problema che da anni gli operatori tentano di risolvere, ma con tutti gli intuibili ostacoli derivanti dalla difficoltà di fornire al mercato una certificazione scientificamente affidabile. I produttori di San Giovanni d’Asso, ad esempio, da tempo si fanno garanti essi stessi dell’originalità del loro prodotto facendosi certificare la produzione, tramite Associazione dei tartufai senesi, dall’Università di Siena e affidando poi a una cooperativa locale, da loro costituita, la fase di commercializzazione.
Il brevetto QrQ – che attendiamo alla prova dei fatti – potrebbe insomma essere la soluzione, almeno per la quota di produzione tartuficola che finisce confezionata. Con il solo limite che la magagna può, ovviamente, essere scoperta solo ad acquisto avvenuto e non prima.
Per l’altra, quella “sfusa“, almeno per ora bisognerà invece continuare ad andare sulla fiducia…