Al confronto tra i sette candidati organizzato da Confagricoltura si presentano in tre, ma più che di questioni agricole si parla di Montepaschi. Eppure da Rizzo (Comunisti) e Marrocchesi (Centrodestra) qualcosa di interessante è venuto fuori. Noi, ovviamente, c’eravamo.
Si doveva parlare di agricoltura all’incontro organizzato ieri dalla Confagricoltura senese a Monteriggioni tra i sette candidati alle elezioni suppletive del 3 e 4 ottobre prossimi per la sostituzione di Pier Carlo Padoan nel collegio 12 alla Camera dei deputati.
Al cospetto del moderatore, il collega Pino Di Blasio, si sono presentati in tre: Marco Rizzo dei Comunisti Italiani, Tommaso Marrocchesi Marzi per il centrodestra e Mauro Aurigi per la lista Italexit, mentre aleggiava in sala il fantasma dell’assente, quanto attesissimo Enrico Letta, candidato per il PD ma senza simbolo, che ha finito per fungere da convitato di pietra e da facile bersaglio per gli intervenuti.
A catalizzare l’attenzione dei cronisti e gli interventi dei tre, tuttavia, ancora più del forfait del segretario piddino è stato il rovente caso Mps, le dichiarazioni sul quale sarà facile leggere sulle cronache nazionali e locali di quotidiani e agenzie.
Di agricoltura, nonostante gli abbondanti argomenti sollecitati dagli organizzatori (ungulati, assetto del territorio, difesa della tipicità e della qualità delle produzioni, mentre infuriano le polemiche sul Prosek croato), si è invece parlato relativamente poco.
Ma qualcosa è stato detto.
Lapidarie le considerazioni dell’euroscettico Rizzo: “Per parlare delle prospettive della realtà agricola senese – ha detto il segretario dei C.I. – occorre prendere spunto dal contesto generale, un contesto in cui i grandi giochi si fanno in alto, negli incontri tra ministri europei e in Commissione, non certo in Parlamento a Bruxelles, che non conta nulla e quasi sempre si trova a ratificare quanto deciso altrove, come nel caso del Prosek. Occorre capire insomma che in quelle sedi, dominate dalle grandi lobby, le nostre produzioni non sono protette. Ci vorrebbero un governo non prono a quegli intereressi e un’opposizione che agisse come tale, anzichè praticare equilibrismi“.
Poichè sono l’economia e la finanza a guidare la politica, questa la tesi di Rizzo, è inutile attendersi tutela per l’agroalimentare e i suoi marchi, l’alimentazione, il commercio dei prodotti agricoli. “L’UE – ha affondato il colpo il candidato comunista – ha una esplicita volontà normativa, desidera cioè imporre regole che hanno solo la funzione di strumenti di controllo del sistema, per meglio favorire i grandi interessi. In questo quadro, anche le pmi agricole rimarranno schiacciate e si salveranno solo le mininicchie di altissima qualità, ma economicamente irrilevanti, mentre tutto il resto finirà in macedonia“. Tra le priorità, “investimenti per la creazione di posti di lavoro destinati alla manutenzione del suolo e al recupero dei dissesti“.
Più declinate sulla realtà regionale le considerazioni di Tommaso Marrocchesi, che da imprenditore vinicolo conosce da vicino il dettaglio delle problematiche del settore primario toscano. “Il PD non è solo la causa del disastro MPS – ha esordito – ma anche della nostra agricoltura, perchè in Regione esso gestisce in chiave partitica un sistema di potere burocratico talmente forte da essere capace di strangolare l’applicazione di leggi e regolamenti partoriti dallo stesso partito egemone. Se eletto vorrei quindi una enunciazione meno ideologica delle norme regionali, nonchè la ricerca di nuove risorse per il territorio senese e la sua tutela, dalla difesa delle filiere alla sicurezza idrogeologica, passando per il nodo della fauna selvatica la cui presenza – ha rimarcato – costituisce, attraverso il danno arrecato alle produzioni, una vera e propria patrimoniale occulta“.
Gli ungulati sono un nervo scoperto dell’agricoltura toscana e in esso il candidato del centrodestra affonda il colpo: “Questo tipo di fauna è presente in tutta Italia, ma solo in Toscana essa rappresenta un problema così grave da investire, oltre al settore agricolo, la sicurezza stradale e perfino la sanità. Occorre che il problema sia gestito con lo scopo di limitare tali pericoli e di difendere le produzioni agricole, ago della bilancia dell’ecosistema toscano. Il punto, cioè, non è se e quanto abbattere cinghiali e caprioli, ma farlo meglio. Primo, creando una reale concorrenza al prelievo, sia tra le squadre autorizzate che tra le squadre stesse e gli agricoltori, cui va concesso di poter abbattere in autonomia gli ungulati presenti sui loro terreni. Secondo, facendo nascere una filiera della qualità della carne selvatica, con le relative economie. Terzo, dando applicazione pratica al principio logico per cui un’area destinata a produzioni agricole di qualità non può essere dichiarata anche vocata per gli ungulati. Ecco come si potrebbe pure uscire dal circolo vizioso degli indennizzi che le ATC devono versare alle imprese agricole per i danni da fauna selvatica. La gestione politica della caccia e delle ATC in Toscana? Per evitarla andrebbe riformata la legge nazionale, in modo da considerare la selvaggina non solo una risorsa, ma pure un problema: sia per il mondo agricolo che per la biodiversità. Altrimenti, col progressivo aumentare degli ungulati e il parallelo calo del numero dei cacciatori (dei 65mila toscani solo 6.700 sono senesi, con un’età media di 66 anni, ndr), il destino delle nostre campagne è segnato”.