(L’EQUIVOCO SU) GIORNALISMO E NUOVE PROFESSIONI. Ultimo commento alla sessione finale degli Stati Generali dell’Editoria. Con una domanda: ipotesi-Inpgi a parte, le seconde che c’entrano con noi? Al massimo, fanno da controparte.
Massimo rispetto per tutti, per carità, ma qualcuno mi spiega che c’entrano le cosiddette “nuove professioni della comunicazione” coi giornalisti?
Secondo me, nulla.
Parlerei casomai di “altre” professioni: comunicatori, pr, influencer, blogger, videomaker e via anglicizzando.
Tutte figure più che degne, ci mancherebbe, magari attigue o perfino contigue alla nostra, eppure inesorabilmente diverse. Perchè noi giornalisti facciamo (e dobbiamo fare) informazione mentre, loro, no.
Loro, anzi, hanno se del caso interessi e mandati professionali diametralmente opposti: orientare, a vantaggio dei loro clienti, l’informazione.
Insomma ben che vada sono nostre controparti, per non dire antagonisti.
Eppure, anche nella sessione finale degli Stati Generali dell’Editoria, quella dedicata ai giornalisti, se n’è parlato spesso: si è detto ad esempio che le nuove professioni vanno regolamentate (giusto). Si è pure detto (altrettanto giustamente) che per esse va trovato un profilo previdenzale e che questo potrebbe individuarsi con l’inquadramento nell’Inpgi, cioè nel nostro istituto di previdenza.
Nemmeno su questo, figuriamoci, avrei da eccepire, se servisse da un lato all’inquadramento in parola, dall’altro a risollevare almeno in parte le pencolanti sorti dell’Istituto (non mi addentro nella spinosa questione politica) e soprattutto se non danneggiasse, si capisce, il futuro pensionistico della nostra categoria.
Che ci sarebbe di male a stare in coabitazione previdenziale con altri?
Nessuno, credo. E ricordo, in proposito, che quando all’alba dei ’90 quell’obbligo nacque per tutti coloro oggi detti “autonomi“, i giornalisti freelance furono collocati dal disorientato legislatore in un calderone residuale dell’Inps che includeva tutte le figure considerate anomale o atipiche, come gli amministratori di condominio e i membri dei cda di srl e spa. L’Inpgi 2, o meglio la “Gestione separata” sorse solo dopo, nel 1996.
Detto questo, però, la domanda iniziale resta. E rimane senza risposta: qualcuno mi spiega che c’entrano le “nuove professioni” coi giornalisti?
A meno che l’accostamento con sia quello delle une agli altri, ma viceversa. E non riveli, cioè, l’idea (tendenza, volontà, disegno, progetto? Fate vobis) di far confluire in un modo apparentemente naturale il giornalismo nel marketing. Ciò che in realtà sta già accadendo giorno dopo giorno, a piccoli passi ma inesorabilmente, sotto gli occhi di tutti e nell’indifferenza generale, comprese le istituzioni giornalistiche, attraverso la condanna alla progressiva dilettantizzazione di una professione che era, e per svolgere la sua funzione dovrebbe restare, altamente professionalizzata e, pertanto, anche adeguatamente remunerata, pena la perdita della sua indipendenza, quindi della sua credibilità, quindi della sua autorevolezza e quindi del suo senso intrinseco.
In pratica, si stanno trasformando i giornalisti in pr per necessità e si tenta di mascherare la faccendo sotto spoglie terminologiche.
Dunque, in realtà, bisognerebbe che accadesse il contrario di ciò a cui stiamo assistendo.
Ma anche su questo, agli stati Generali, da parte dei giornalisti anzichè proposte si è sentito un silenzio tombale.
Brutto segnale.