A causa delle norme sulla sicurezza emanate dopo i fatti di Torino, anche a Siena sono state imposte forti limitazioni (da 45mila a 15mila) per l’accesso del pubblico al Palio. Al di là di tutto, potrebbe trattarsi però di un altro strisciante colpo di maglio alla granitica tradizione senese.
Sono un contradaiolo, ma non sono uno storico del Palio.
A Siena ve ne sono di preparatissimi, padroni di una quantità stupefacente di notizie, statistiche, spigolature d’ogni tipo. Sintomo tipico della visceralità con cui i senesi sono, nel bene e nel male, legati a se stessi, alla loro festa e alla loro città, a prescindere dalle (scarse, di recente) fortune della medesima.
Come molti sapranno, a causa dei provvedimenti per la sicurezza, anche alla carriera che si corre domani sono stati imposte forti limitazioni per quanto riguarda l’accesso del pubblico, che in pratica sarà ridotto a un terzo del “normale”: da 45mila a 15mila, di cui 12mila in piazza e 3mila tra palchi e finestre. Vietato l’accesso agli under 12, anche se accompagnati.
Come dicevo, non sono uno storico della materia e nonostante qualche ricerca non sono riuscito a trovare informazioni certe, ma a occhio e croce il taglio riporterà l’evento, per quanto riguarda le presenze, a quelle di un secolo fa e oltre. Quando il Palio di Siena non era ancora diventato l’avvenimento di fama internazionale, nè turistico, nè tantomeno mediatico di oggi. Vi assistevano i senesi e al massimo qualche visitatore di passaggio. E la piazza così non era gremita come siamo stati abituati a vederla nelle cronache tv o nelle foto a colori, ma lasciava vasti spazi vuoti, come dimostra la foto qui sopra, che dovrebbe risalire al 1896 (ripresa dal sito www.ilpalio.org, che invito a visitare per la quantità di notizie che contiene). E ne ho in mente altre, addirittura con bambini che giocano.
Insomma, sarà un Palio dall’atmosfera surreale per chiunque. E pure vagamente inquietante.
Non soltanto per l’ovvia, pur indiretta angoscia che viene dai motivi che hanno indotto le autorità a prendere la drastica decisione: la sicurezza, la psicosi, gli attentati, i rischi se dovesse “succedere qualcosa” e tutto ciò di arcinoto che qui è inutile elencare.
Si potrebbe ad esempio chiedersi anche, in generale, se e fino a che punto sia giusto piegarsi all’inevitabile constatazione che un assembramento – Palio o non Palio – di alcune migliaia di persone è di per sè potenzialmente pericoloso: il che però, in un mondo normale, non può indurre a limitarne o a vietarne a priori la formazione.
O chiedersi, e qui la cosa si fa molto più sottile e stuzzica sentimenti diversi, se un evento come la corsa senese possa invece essere assimilato ed essere trattato alla stregua di, non nelle strette dinamiche fisiche ma come tipologia di avvenimento, un qualunque pubblico spettacolo, o a una manifestazione di piazza, o a un concerto rock, spogliandolo della sua intrinseca natura culturale e tradizionale di cui a Siena si è, anche giustamente, orgogliosi.
Ecco perchè la decisione ha lasciato la città in preda a stati d’animo opposti e talvolta compresenti, tra il rassegnato, lo sbigottito, l’incredulo, l’allarmato, il curioso.
Gli interrogativi sono tanti.
Chi saranno i “fortunati 12mila” ammessi in piazza? I turisti, forse più disposti a stare per ore sotto il sole in attesa del Palio, o i senesi, che pur di assistere alla carriera accetteranno di attendere per un intero, interminabile pomeriggio attaccati a un colonnino come di solito fanno i forestieri?
E, soprattutto, si tornerà mai indietro? Sarà più possibile affrontare il bagno di folla, di sudore, di ansia, di spintoni, di eccitazione offerto dal Palio a cui siamo abituati?
O le limitazioni sono un’altra delle tante piccole ma irreversibili crepe che la modernità sta ineluttabilmente aprendo nella muraglia della tradizione paliesca, in apparenza tanto granitica quanto in realtà fragile e instabile per il suo essere unica e fuori dal tempo? Perchè se è pur vero che nulla, nemmeno il Palio, è immutabile, è anche vero che tra incrinarsi e adattarsi la differenza la fa la cadenza dei cambiamenti. E che, se ne dica ciò che si vuole, ci sono cambiamenti che mutano così nel profondo la realtà da trasformarla completamente, dandole per sempre una natura diversa, con buona pace delle petizioni di principio.
E’ in questo scenario che si appresta a corrersi il Palio di Provenzano del 2 luglio 2017.
Con un’atmosfera che fa quasi dimenticare la minaccia di pioggia, le tante prove annullate, un lotto con quattro cavalli esordienti su dieci. E una sola, vera consolazione: si è evitato il paventato maxischermo da “grande evento“. Roba da far rivoltare nella tomba generazioni di contradaioli. Almeno questo lasciamolo ai tanti spettacoli circensi camuffati da tradizione che ogni domenica occupano le piazze italiane.