Fino a un lustro fa la Borsa Internazionale del Turismo di Milano rappresentava un appuntamento obbligato – anzi l’appuntamento dell’anno – per tutti quelli del settore: operatori, enti del turismo, agenzie, indotto, giornalisti. Poi è cambiato tutto: la sede, ma soprattutto il mercato e il sistema. E’ andato in crisi il concetto di fiera e con esso la funzione dei soggetti che vi presenziavano. E’ andato in crisi il ruolo degli enti. E’ andata in crisi la stampa. Insomma è andato in crisi tutto e ogni cosa si assottiglia: le presenze, l’interesse, il senso stesso. Che fare, quindi, andare o non andare? Ecco una riflessione semiseria in 10 punti per aiutarvi/mi a decidere.

Soundtrack: “Should I stay or should I go” (Clash)

La Bit era un’allegra bolgia. Caos di traffico inenarrabile e astuzie raffinatissime per aggirararlo o evitarlo. Il posteggio, idem. Oppure il leggendario bus-navetta che, come la nave di Magellano, circumnavigava per intero la Fiera impiegando mezz’ora per portarti dalla metro alla leggendaria Porta Carlomagno. All’uscita, altra odissea. Indimenticabili gli spintoni per entrare nel bus onusti di borse e di buste, sfidando la legge dell’impenetrabilità dei corpi. Di solito pioveva. E a quell’ora tuffarsi nel traffico milanese per la transumanza verso improbabili ma ambitissimi party organizzati, forse con perfida malizia, nelle aree più irraggiungibili e remote della città era una sorta di viaggio allucinante. Eppure tutto aveva un senso, era utile, necessario, opportuno, stressante ma perfino piacevole.
Dentro era anche peggio. Un labirinto inestricabile tra padiglioni distribuiti senza un criterio apparente, irto di passaggi all’aperto che, come trabocchetti medievali, mettevano a dura prova la tua salute e il tuo senso dell’orientamento. Le corse inseguendo conferenze stampa solitamente inutili ma da tutti percepite come irrinunciabili. Gli inevitabili assalti ai buffet. La divertita frustrazione di ripercorrere cento volte gli stessi passi dopo essersi perduti nel tentativo di interpretare i geroglifici della segnaletica interna. L’incubo delle cartelle stampa: decine di chili di carta stipata prima in borsoni e tracolle e poi, dopo la felice intuizione di qualcuno, in trolley da aeroporto, che si solito venivano svuotati a ore fisse in più capienti contenitori (sempre a ruote) occultati con i cappotti nel retrobottega dello stand di qualche amico ospitale.
Tra colleghi era una diaspora e un ritrovarsi continuo: come le palle di un biliardo, tutti schizzavamo via a 360° per reincontrarsi puntualente nella buca delle citate conferenze stampa.
Era la Bit della vecchia fiera: di solito non bastavano due giorni a fare tutto e qualcuno ci sacrificava anche il sabato mattina, pur nella consapevolezza di doverlo condividere con gli accaniti cacciatori di gadget e poster che, come mosche e in barba alle sbandierate giornate “riservate agli operatori”, in verità principiavano a invadere i padiglioni già dal venerdì pomeriggio.
Ma, ancora, c’è era una ragione precisa per essere lì e sobbarcarsi tutto quel casino.

Poi venne la fiera di Rho-Pero. La crisi, generale e settoriale, già aleggiava. Ma tutti facevamo finta di illuderci che il nuovo quartiere fieristico disegnato da Massimiliamo Fuksas avrebbe risolto, chissà come, ogni problema o quasi.
Il risveglio, però, fu amaro. Negli enormi spazi, la Bit sembrava più piccola. Si trovava tutto e subito, senza dover fare chilometri. Bastava un pomeriggio per visitare la fiera, fare i soliti convenevoli, stringere mani, baciare guance. Addirittura si scorgevano da lontano padiglioni e persone che in altri tempi avremmo cercato per ore. E, purtroppo, anche quelle che avremmo voluto accuratamente evitare. Ci si accorse che la fiera era più piccola anche perchè gli espositori erano molti meno degli anni precedenti, nonostante il lodevole tentativo degli organizzatori di camuffare il tutto regalando spazi relax e corridoi extralarge.
La magia era sparita. Ma soprattutto erano spariti gran parte dell’interesse e della necessità di essere lì. Dissolte le malcelate illusioni di ricevere inviti a qualche viaggio. Perdute le speranze di trovare “contatti” interessanti. Vane le aspirazioni di trovare notizie o informazioni che già prima e senza sovraccarico cartaceo non fossero già state abbondantemente veicolate su internet.
E allora, quando a metà gennaio si apre l’agenda per programmare in fatidico spostamento milanese (di solito coincidente anche con altri impegni lavorativi, ai quali un tempo avremmo seppur a malincuore rinunciato), dal profondo del cuore e con un rigurgito acido misto a malinconia, spunta un dubbio: ci vado o non ci vado?

Ecco alcune considerazioni da valutare prima di darsi delle risposte:

1) LA BIT E’ UN’OCCASIONE PER INCONTRARE I COLLEGHI E TENERSI AGGIORNATI SU COSA BOLLE IN PENTOLA
Pro: è vero, vedersi tra amici è utile e fa piacere, soprattutto quando, per la natura del nostro lavoro, siamo sempre in giro negli angoli del mondo e non ci si frequenta mai.
Contro: nella pentola ci siamo noi e siamo già bolliti. La Bit è diventatata un triste passeggio di gente che, non avendo altro da fare, si incrocia lamentandosi reciprocamente delle solite arcinote cose.
2) LA BIT E’ UN’OCCASIONE PER FARSI VIVI E TENERE RAPPORTI CON ENTI DEL TURISMO E OPERATORI
Pro: certo, i rapporti vanno sempre mantenuti, non si sa mai, è comunque un errore uscire dal giro e ormai, dopo tanto tempo, anche con addetti stampa e delegati si è diventati amici.
Contro: a parte il fatto che di “enti e operatori” ce n’è rimasti la metà rispetto al passato, tutto si riduce a camuffare la reciproca vergogna: da parte dei primi, di non avere un soldo nè altro da offrirti che non un gradevole drink; da parte dei giornalisti, di non avere un soldo a loro volta (e quindi di poter eventualmente viaggiare solo a scrocco) e di non avere uno straccio di giornale per cui scrivere di viaggi e destinazioni.
3) LA BIT OFFRE SEMPRE QUALCHE IDEA O SPUNTO PER UN SERVIZIO
Pro: senza dubbio, poter parlare de visu, approfondire, mettere il relazione informazioni e contatti ti mette in grado, mille volte meglio di cento telefonate, di mettere a punto un progetto
Contro: buonanotte! Le idee buone sono quelle che maturano prima di arrivare in fiera e vengono sempre vendute in esclusiva e in anteprima a qualcuno. Inoltre tutti sanno benissimo (operatori, giornali e giornalisti) che non c’è trippa per gatti e che qualunque eventuale servizio possa prendere corpo nei giorni di fiera sarà il frutto della magica addizione gratuità+pubblicità+scambio merce+testo&foto al prezzo di uno dei due+garanzia di numero di pagine e foto pubblicate.
4) LA BIT RIMANE COMUNQUE UNA PIACEVOLE OCCASIONE PER RIVEDERE GENTE CONOSCIUTA DA ANNI
Pro: senza dubbio. Sarebbe sciocco negare il rapporto di affetto e stima che a volte si è consolidato tra persone che si sono conosciute per lavoro. La fiera è come una piazza o un bar dove bere qualcosa con i vecchi amici anche senza business da combinare.
Contro: la Bit, per quello che rappresenta, è ormai una sorta di cimitero degli elefanti dove ex belle ragazze incontrano maschi ingrigiti e in cui giornalisti già rampanti faticano a trovare argomenti di conversazioni con ex brillanti interlocutori trasformati dal tempo in funzionari stanchi e disillusi.
5) LA BIT E’ UNA VETRINA PER I NUOVI CHE SI AFFACCIANO AL MONDO DELLA STAMPA DI VIAGGIO
Pro: è vero, bisogna pur considerare che nel settore non tutti sono veterani e che la fiera continua a costituire il posto ideale per presentarsi e farsi conoscere nell’ambiente.
Contro: nuovi? Giovani? E dove sono? La stampa di viaggio è ormai composta da vecchi ed ex giovani in cui il più verde ha in media quarant’anni. E poi, la stampa di viaggio? Che? Quale? Dove? Ne esiste ancora una?
6) IN BIT SI RIUNISCONO LE ASSEMBLEE DELLE ASSOCIAZIONI DEI GIORNALISTI DEL SETTORE
Pro: certo e questo, oltre a un’occasione di incontro, costituisce anche l’unica occasione in cui si possono intuire le tendenze e le aspettative della categoria.
Contro: si tratta dei più irti concentrati di maldicenza e di giochi di palazzo tra pseudoamici, desiderosi nella stragrande maggioranza dei casi di rubarsi il lavoro o di farsi le scarpe nell’inseguimento di cariche e poltrone di comando ormai inutili all’interno delle associazioni stesse.
7) LA BIT E’ COMUNQUE DIVERTENTE E BELLA DA VEDERE
Pro: certamente, un po’ del fascino si è mantenuto ed è comunque un luogo in cui si respira l’atmosfera del mondo, ci si guarda intorno.
Contro: certamente, se per me milanese non fosse distante un’ora di metro e non mi offrisse che le stesse facce che vedo tutto l’anno e se per me, non milanese, non fosse distante ore di costoso treno e non mi costringesse, per contare su un pomeriggio di visita “utile”, a pietire ospitalità agli amici o a fare acrobazie tra orari e mezzi pubblici.
8) ALLA BIT BISOGNA ANDARE CON APPUNTAMENTI MIRATI E SCOPI CIRCOSCRITTI, IN MODO PIU’ PROFESSIONALE CHE IN PASSATO
Pro: non è una novità che se si va preparati, avendo avuto cura di programmare in anticipo gli incontri da fare e gli argomenti da approfondire, la fiera offre ancora buone chances di uscire con qualcosa in mano.
Contro: dovendo proprio esseere professionali, la scelta più seria ed appunto professionale sarebbe di disertarla, ma anche volendo essere meno rigidi, non si vedono gli obbiettivi da raggiungere e quindi le persone da incontrare o gli appuntamenti da prendere.
9) ALLA BIT SI DEVE ANDARE CON MENTALITA’ PIU’ APERTA RISPETTO AL PASSATO, PRENDERLA COME UN OSERVATORIO E NON UNO STRETTO APPUNTAMENTO DI LAVORO
Pro: sì, il mondo è cambiato, il turismo è cambiato e con esso anche la comunicazione che vi ruota intorno, andare in fiera è comunque un modo per tenersi aggiornati
Contro: oggi l’informazione virtuale via web corre più veloce di quella reale in carne ed ossa, le notizie, le tendenze, i problemi che emergeranno in Bit saranno già emersi prima sulla rete e quindi andare in fiera a vedere ciò che si può già sapere sara solo un inutile ripasso
10) ALLA BIT C’E’ UN UFFICIO STAMPA EFFICIENTE E CONFORTEVOLE CHE MI CONSENTE DI FARE AL MEGLIO IL MIO LAVORO
Pro: verissimo, da qualche anno l’assistenza è puntuale, le postazioni internet abbondanti e funzionanti, il giornalista ben affiancato nelle sue esigenze.
Contro: tutto vero, peccato sia venuto meno il lavoro e quindi la necessità di lavorare in Bit! Laptop e blackberry hanno reso inutili o quasi le a lungo anelate postazioni, i cellulari hanno reso vani gli un tempo interminabili appostamenti per conquistare uno dei pochi telefoni liberi e chiamare a scrocco per ore in tutto il mondo.

Bene, cari amici, detto questo che aggiungere?
Nulla, tanto ci vediamo in Bit (forse…).