I conti in tasca ai giornalisti autonomi non danno scampo: per campare urge trovarsi un lavoro serio o una moglie ricca. Piccoli esempi di ragioneria casereccia per calcolare il proprio effettivo guadagno (e spesso la perdita).
Anni fa pubblicati (qui) un cliccatissimo post con il quale cercavo di spiegare ai colleghi freelance giovani e meno giovani come fare bene i conti per accertarsi dell’effettiva redditività del proprio lavoro di giornalista e quindi, indirettamente, anche valutare se esso fosse considerabile un lavoro per davvero oppure se nelle more si fosse trasformato in un hobby costoso.
Da allora le cose sono cambiate. In peggio, è ovvio.
Oggi fare il mestiere libero-professionale di giornalista col bilancio in attivo è diventato impresa difficilissima, ai limiti dell’impossibile.
Il calcolo è invece di una certa facilità.
La prima parte consiste nel calcolare la retribuzione oraria e/o giornaliera effettiva decurtando dal compenso lordo la quota di ingpi (2%), l’iva (per chi ce l’ha) e tasse (vedrete che, lira più e lira meno, ammonta alla fine al 50%) e suddividendo ciò che rimane per il tempo impiegato alla realizzazione dell’articolo. Ovviamente va messa in conto non la sola stesura, ma l’opera di preparazione, organizzazione, verifica, etc.
Si avrà così A, cioè quanto si è realmente guadagnato nell’unità di tempo.
La seconda parte consiste nel calcolare i costi orari e/o giornalieri generali, quelli sostenuti cioè non solo per la realizzazione specifica del servizio de quo, ma spalmati durante l’anno (tipo tasse, assicurazioni, ammortamenti, previdenza, telefono, etc). Bisogna sommare le voci ora elencate, più altre eventualmente mancanti, e dividere per 365, ottendendo B, cioè il costo professionale fisso nell’unità di tempo.
Il saldo tra A e B dà la redditività effettiva del singolo giorno di lavoro.
Mi ci sono impegnato l’altroieri per prova e il risultato è stato catastrofico.
Ho preso come base un compenso teorico di 500 euro (che per molti colleghi è già un miraggio puro), al netto delle spese, per un servizio da 8.000 battute più due box da 1.500 cadauno, che richiedeva 5 giorni tra stesura, spostamenti, missione, verifiche, etc.
Dunque:
- 500 euro + inpgi 2% + iva 22% – ritenuta d’acconto del 20% fanno un incasso lordo di 522,2 euro.
- 522 euro – 112,20 euro, cioè l’iva del 22% sull’imponibile, che dovrò versare dopo, fanno 410 euro.
- 410 euro diviso per 5 giorni di lavoro fanno 82 euro al giorno.
- 82 euro – il 35% (quota di costi fissi B) fanno 53,3 euro al giorno di guadagno effettivo a giornata (ossia
- 6,66 euro l’ora se uno lavora 8 ore, fermo restando che un freelance ne lavora di norma molte di più.
Ora, anche supponendo gli irrealistici compensi medi di cui sopra, nonchè una continuità che nel lavoro libero professionale NON esiste, e computando sempre assai ottimisticamente un anno composto da 300 giornate lavorative effettive (cioè esclusa qualche vacanza e un po’ di domeniche o festivi), si arriverebbe a un introito reale di 15.990 euro, equivalenti a 1332 euro mensili.
Cifra che, per un autonomo esposto alle procelle e ai capricci del mercato, degli incarichi, degli imprevisti, dei cambi dei direttori, della caducità delle testate, della puntualità dei pagamenti, della strutturale discontinuità della professione e della virtualità dei rimborsi spese, corrisponde a poco più della metà della soglia minima di sopravvivenza.
Controprova? 300 giornate di lavoro all’anno per 5 giorni a servizio fanno 60 servizi da 500 euro l’anno.
Quanti dei colleghi possono vantare una pacchia del genere?
Conclusione: per sperare di campare urge trovarsi alla svelta un lavoro serio o una moglie ricca.