Ci ha lasciato, a 86 anni, l'”inventore” dell’ospitalità rurale in Italia. Cominciò a parlare di vacanze in campagna nel ’65, quando a nessuno sarebbe mai venuto in mente di passare le ferie in fattoria. E’ stato un pioniere e un gentiluomo, ci mancherà.
Non so, forse a quei tempi saremo stati cinquanta soci in tutta Italia.
Parlo dell’Agriturist, l’associazione legata a Confagricoltura che oggi raccoglie migliaia di aziende agrituristiche sparse per la penisola. Ma che allora, nel 1988, riuniva uno sparuto gruppo di agricoltori che sognavano di salvare le loro più o meno cadenti fattorie, ancora ferite dall’esodo dalle campagne dei decenni precedenti, trovando il modo (si era ancora ben lungi dal mettere a fuoco esattamente quale) di utilizzarle per ospitare turisti di passaggio.
L'”agriturismo“, termine entrato oggi nel linguaggio comune, era a quei tempi un neologismo vagamente esotico, più mediatico che sostanziale. Di ospitalità rurale insomma si parlava poco, spesso a caso e ad effetto, e se ne masticava meno.
Simone Velluti Zati mi venne a trovare e passò qualche giorno da me, all’epoca immerso nel miraggio di una campagna che risorgeva.
Lui, però, aveva già le idee chiare. Chiarissime. Fin dal 1965, quando appunto aveva fondato l’Agriturist.
Il suo era un pragmatismo visionario: vagheggiava poderi, tenute, casali, castelli e rustici che, riadattati senza perdere nulla nè della loro architettura, nè della loro intrinseca destinazione rurale, nè soprattutto del “sapore” originario conferitogli dall’uso quotidiano e dal vissuto dei loro proprietari, potessero essere messi nella condizione di automantenersi dando alloggio. A chi? Stranieri, italiani, viaggiatori: gente di buon gusto, e non sempre di ricche tasche, capace di apprezzare i ritmi, la tranquillità, le peculiarità della campagna.
Ci aveva visto talmente giusto che presto la realtà superò la fantasia e il fenomeno dell’agriturismo imboccò quasi subito, ahinoi contro ogni previsione, la via del turismo di massa che ne sta determinando, da qualche anno, il declino.
Il declino almeno di quella via gentile che Velluti Zati aveva immaginato.
Ha presieduto l’Agriturist fino al 1998 e ha fatto in tempo a vedere il suo sogno trasformarsi in realtà.
Era un uomo affabile, dotato di uso di mondo, attento, osservatore, capace di collocare la sua “invenzione” nel più ampio scenario della tutela delle tradizioni rurali e del paesaggio agrario, tematiche che conosceva benissimo e di cui sapeva parlare con passione e disincanto.
E’ da un po’ che non ci vedevamo, ma ogni incontro era stato cordiale come la prima volta.
Lo ricordo con riconoscenza e nostalgia.