Il toscano Enrico Rossi fa sapere di aver ritirato la richiesta di risarcimento da 300mila € a una giornalista freelance perchè “è ingiusto che paghi l’anello debole della catena”. Non ci risulta però che sia proprio così. E poi siamo sicuri che sia una buona notizia?
Sua Eccellenza le stava in cagnesco.
Talmente in cagnesco che l’aveva citata in giudizio, chiedendole 300mila euro di risarcimento, convinto delle sue buone ragioni.
Nella circostanza Sua Eccellenza è Enrico Rossi, Governatore della Toscana. Lei invece è una giornalista, collaboratrice di “Libero“. Rea di aver scritto un articolo che riguardava i conti della Asl di Massa-Carrara.
Lui, però, adesso la perdona. E ci tiene a farlo sapere, visto che diffonde addirittura il comunicato stampa riportato sotto, pieno di parole magnanime.
Ora precisiamo quattro cose.
Primo: non conosco nei dettagli il caso de quo e quindi volutamente non entro nel merito della controversia. Secondo: mi rallegro, a livello personale, che la vicenda si sia comunque conclusa fuori dall’aula del tribunale. Terzo: la causa era ancora da discutere, quindi non si sa chi alla fine avrebbe avuto torto o ragione. Quarto: la collega coinvolta nella vicenda è anche (lei stessa mi ha autorizzato a dirlo) gravemente ammalata e questo, ben noto a Rossi, ha molto influito nella decisione del medesimo, anche se nel comunicato egli non ne fa cenno.
Ecco, rimessi a posto tutti i pezzi mi chiedo però, e chiedo a tutti – colleghi e lettori – se, alla luce del tenore del comunicato e degli argomenti portati da Rossi, per noi giornalisti e per la professione si tratti davvero di una buona notizia.
Siamo sicuri, cioè, che come sottolinea il Governatore “non è giusto che a pagare per eventuali responsabilità sia l’anello più debole della catena, come troppe volte accade: il cronista, spesso free-lance per pochi euro al pezzo, piuttosto che l’editore, il direttore o comunque chi, contrattualizzato e magari con qualifiche pesanti, ha fatto determinate scelte“? O non si tratta piuttosto di una sconfitta per tutti noi? La responsabilità personale e la violazione della deontologia possono essere attenuati dalle circostanze soggettive in cui il giornalista si trova ad operare?
Insomma una notizia falsa (parlo in generale e non ovviamente riferendomi a quella che ha dato vita alla controversia), o non verificata, o lesiva della reputazione di qualcuno va valutata diversamente se diffusa da un contrattualizzato (altrimenti detto “garantito”) o da un collaboratore esterno, un precario, un abusivo o un freelance?
D’istinto, lo so, potrebbe sembrare di sì.
Ma a me pare di no.
Lo trovo anzi offensivo verso la professionalità della collega e di tutti quelli come lei. Ravviso una discriminazione tra professionalità che sulla carta sono e nei fatti devono risultare, legge alla mano, equivalenti.
Altrimenti è come sancire l’esistenza dei giornalisti di serie A e di serie B, di responsabilità di serie A e di responsabilità di serie B.
Leggo anche, nella nota, che il gesto di Rossi è giunto a seguito di “un invito formulato dall’Associazione Stampa Toscana, in relazione alla difficile situazione economica e professionale della giornalista in questione“.
Ora, per carità, bene ha fatto il sindacato ad adoperarsi per l’associata e a battersi affinchè la stessa uscisse indenne dalla certamente spiacevole vicenda, ma siamo sicuri che anche dal punto di vista sindacale “la difficile situazione economica e professionale” di un giornalista possa costituire una scriminante?
Senza contare il fatto che una causa è una causa, mica una sentenza già scritta, e che intanto le presunte offese e i presunti danni vanno in ogni caso dimostrati in giudizio. Poi si vedrà.
Se, viceversa, il Governatore, voleva dimostrare di avere buon cuore, a sentenza favorevole ottenuta e quindi a reputazione salvata poteva rimettere il credito derivante dal giudicato in suo favore. Anche perchè lo stato di precarietà professionale della giornalista, mi consta, era noto a Rossi fin da subito, non è una cosa che ha saputo dopo come il difficile stato di salute.
Il che vela tutto di una da un lato comprensibile, ma dall’altro fastidiosa ipocrisia: per fare un bel gesto non è necessario ricavarci anche una bella e pubblica figura, ecco.
Insomma, invece di rallegrarmi e basta io alla luce di questo caso mi faccio parecchie domande di natura professionale. E credo che dovrebbero farsele, a ogni livello, tanti colleghi.
Anzi, diciamo tutti.
Ecco qui il testo completo del comunicato:
FIRENZE – “Abbiamo bisogno di un’informazione che faccia il suo lavoro con scrupolo e correttezza ed è giusto che ognuno possa tutelare la sua immagine anche di fronte a un giudice. Ma non è giusto che a pagare per eventuali responsabilità sia l’anello più debole della catena, come troppe volte accade: il cronista, spesso free-lance per pochi euro al pezzo, piuttosto che l’editore, il direttore o comunque chi, contrattualizzato e magari con qualifiche pesanti, ha fatto determinate scelte”.
E’ con questa valutazione – che mette insieme un richiamo a un giornalismo professionale e deontologicamente corretto con la consapevolezza di una realtà del lavoro nelle redazioni caratterizzata da un alto livello di precariato e da compensi iniqui – che il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha deciso di ritirare l’azione per risarcimento danni nei confronti di una free-lance toscana, raccogliendo in questo senso un invito formulato dall’Associazione Stampa Toscana, in relazione alla difficile situazione economica e professionale della giornalista in questione. L’azione riguardava un articolo pubblicato sul quotidiano Libero e che riguardava i conti della Asl di Massa e Carrara.
“La decisione – sottolinea Enrico Rossi – è ovviamente a prescindere da ciò che è stato detto e scritto su quella vicenda. Ma nonostante tutto non può essere un collaboratore esterno a dover pagare per una linea editoriale o per un titolo. Credo che questa mia decisione manifesti un grande rispetto nei confronti del lavoro giornalistico e soprattutto nei confronti dei giornalisti più giovani che, malgrado le loro qualità, fanno fatica a costruirsi una dignitosa prospettiva lavorativa. E’ una realtà che conosco, perché molti di loro li vedo alle conferenze stampa. E perché anch’io, in effetti, ho cominciato il mio percorso come giornalista, in tempi peraltro in cui i collaboratori erano trattati perfino meglio. La loro realtà è un caso esemplare di come meriti e capacità professionali non trovino ancora un adeguato riconoscimento in Italia. A editori, organizzazioni professionali, istituzioni, ciascuno per la sua parte, il compito di costruire un futuro diverso”.