Viaggiare con la famosa compagnia low cost è sempre una fonte di sorrisi e di arrabbiature insieme. Nemmeno nella mia lunga carriera di frequent flyer, però, avevo mai assistito a un siparietto come quello dell’altroieri.

Ho un rapporto contrastato con la Ryanair. Di amore-odio, direi.
Da un lato ammiro questa compagnia low cost che è riuscita a reggere botta nonostante la crisi, le mille critiche, tanti limiti e anche qualche comportamento borderline, inventandosi l’aereo-torpedone: versione riveduta e corretta dei gloriosi bus postali con cui, in tempi ormai remoti, dai centri di provincia pendolari, studenti e massaie raggiungevano i capoluoghi.
Dall’altro detesto la venalità, la cavillosità, i codicilli e i pretesti che l’azienda utilizza per estorcere in ogni modo denaro ai clienti, facendo pagare loro tutto, ma proprio tutto. C’è chi scommette che presto sugli aerei compariranno i distributori di carta igienica a gettone.
Guardiamoci in faccia, però: basta un po’ d’attenzione con la prenotazione e il bagaglio e con 50 euro copri tratte che, ai costi di auto o di treno veloce, non arriverebbero a 100 km. Insomma non c’è dubbio: conviene.
Ma si diceva del bagaglio, croce (del passeggero) e delizia (per la compagnia).
I limiti, fiscalissimamente fatti rispettare da solerti steward, ormai sono noti (max 10 kg, dimensioni 53x40x20, nessun altro bagaglio a mano). E altrettanto lo sono le sovrattasse per chi sgarra (60 euro in caso di valigia troppo grande e un tot al kg per il sovrappeso). Ma ciò non toglie che – un po’ per necessità, un po’ per furbizia all’italiana, un po’ per ingenuità – ci sia sempre chi ci prova.
A volte va bene, a volte no.
Venerdì mattina, all’imbarco del volo da Pisa a Lamezia Terme, a qualcuno è andata male: l’occhiuto personale sfila tra i passeggeri in attesa, ne individua uno e lo invita – tipo scarpetta di Cenerentola – a “provare” a infilare il bagaglio, effettivamente più voluminoso degli altri, nella gabbia che funge da calibro.
Esito: negativo. “Spiacente – sussurra educatamente l’assistente – siamo fuori dalle dimensioni massime, sono 60 euro“.
Il giovane, un tipo corpulento, prima sgrana gli occhi. Poi sbuffa. Poi tenta inutilmente, come da copione, di impietosire il controllore.
Dopodichè, mentre la gente in coda dietro di lui spinge e comincia a rumoreggiare, lo sguardo gli si illumina.
Prima ritenta di infilare la valigia nella gabbia, si accorge così che il problema sono le ruote del trolley e detto fatto: le afferra provando a strapparle via.
L’operazione però, tra smorfie e sforzi, si rivela più complicata del previsto. Sotto gli occhi incuriositi degli astanti, il giovanotto anzichè arrendersi scavalca allora il nastro e, piazzatosi di fianco alla fila, cerca di rompere il robusto guscio con le maniere forti. Niente da fare. Vuoi per l’ansia di non pagare, vuoi perchè si sente osservato, il tipo comincia a innervosirsi: paonazzo afferra di nuovo le ruote, poi il telaio e tipo Maciste prova a spezzarlo, o almeno a piegarlo. Nisba. La gente intanto ha rallentato il deflusso e guarda ormai incuriosita il singolare confronto. Si va avanti per minuti, senza esito.
L’uomo ora è arrabbiato sul serio. Sferra al bagaglio un paio di inutili cazzotti intimidatori, poi lo afferra, lo solleva in aria e lo sbatte violentemente sul pavimento dopo averlo fatto roteare, con qualche pericolo per quelli intorno. Gran botto, ma la valigia resiste. Dal di qua del vetro, chi ha già superato lo sbarramento dei controlli comincia a fare seriamente il tifo e a dispensare consigli. Ormai è un corpo a corpo. Una tauromachia. Il tipo è fuori di sè per l’inattesa resistenza. Sale sul trolley, impreca, ci salta sopra. E quello, tuttavia, regge.
Il clima circostante si è fatto da arena.
A un certo punto, colpo di scena: forse smarrito per le difficoltà dell’amico, un conterraneo del viaggiatore rompe gli indugi e, a forza di gomiti, prende a risalire la coda, deciso a dar man forte al malcapitato e a dare una lezione a quelli della Ryanair.
Ora sono in due a accanirsi sul trolley: uno afferra uno dei bastoni del manico, l’altro pure e tirano in stile tiro alla fune, smadonnando rubizzi. Le provano tutte, davvero tutte, ma l’esile telaio di plastica e metallo made in china resiste ancora. Salta qualche pezzo, eppure la struttura non cede. La tenzone si svolge adesso tra ali di pubblico partecipe. Sono tutti dalla parte del passeggero, in verità. Signori anziani lanciano occhiate di sfida agli stupefatti steward. Signore sulla sessantina danno suggerimenti tecnici e in stretto dialetto calabrese inveiscono contro la resistenza della scostumata valigia. Qualcuno ride e deride. I due energumeni provano pure con i calci: nada. Uno dei due si guarda minacciosamente intorno alla ricerca di una leva, di un martello, di un pie’ di porco.
Quando finalmente la porta automatica si è aperta davanti a noi per farci accedere alla pista, il bagaglio era malconcio, ma respirava ancora.
A bordo, non l’ho visto.