Dopo gli assaggi di Montepulciano Colline Teramane docg e Montepulciano d’Abruzzo doc mi venne un dubbio generale: ha senso affiancare in panel vini di nicchia e altri con numeri e stili da Gdo, col rischio di non rendere giustizia a nessuno?
Ho impiegato un po’ di tempo (forse anche troppo, lo ammetto) per mettere a fuoco una questione che mi venne in testa durante la sessione invernale dell’Abruzzo Wine Experience, ossia le anteprime, organizzate dal Consorzio Vini d’Abruzzo, della Montepulciano d’Abruzzo doc e della Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo docg. E che è rimasta lì, latente, per tutti questi mesi. Per questo ho esitato a scriverne prima.
La domanda non riguardava la spiegazione lunga e complessa – la colpa non era loro, ma della recente riforma del sistema organizzativo del vino abruzzese – con cui il vicepresidente Franco d’Eusanio e l’ex presidente delle Colline Teramane Docg Enrico Cerulli Irelli tentarono di spiegare ai giornalisti l’intricata nuova articolazione. In merito a questa, pur comprendendo le necessità strategico-commerciali di dare un’immagine unitaria e coordinata alla produzione regionale, credo di poter dire che si tratta di un discreto ginepraio, non so quanto decifrabile dal normale consumatore.
Il mio interrogativo era invece un altro, più generale, e riguardava direttamente i vini. O meglio, il metodo proposto in quella sede (ma non solo in quella a dire il vero) per degustarli e, perciò, di giudicarli.
Il questo senso: se la degustazione dei 27 campioni della Colline Teramane (una piccola docg da 600.000 bottiglie in tutto), in realtà una sorta di verticale, considerando la presenza di annate dalla 2018 alla 2022 e la giusta scelta di presentare solo vini già in bottiglia, escludendo i campioni da botte, aveva una sua logica, ne aveva meno, e mi chiedo quale, organizzarne un’altra di appena un pomeriggio per 71 vini molto diversi tra loro per filosofia, qualità, zone di provenienza, numeri e soprattutto mercati di sbocco, mescolando piccole cantine da enoteca a grandissime produzioni da Gdo.
Intendiamoci: nessuno snobismo da parte mia. Al contrario, solo il desiderio di approfondire gli assaggi avendo da un lato ben presente la vocazione della singola bottiglia, per dare a ogni Cesare ciò che è di ogni Cesare, e dall’altro potendomi fare una giusta idea generale della denominazione, senza essere fuorviato dalla messa a confronto tra campioni disomogenei per loro intrinseca e legittima natura. Non sarebbe meglio suddividerli, ad esempio, anche per numero di pezzi prodotti, o per linea commerciale? Insomma secondo un criterio che renda più facile, e quindi attendibile, la degustazione di un vino, potendo tener conto di altre decisive variabili?
Nell’occasione mi risultò difficile, alla fine, tirare le fila sui vini della Montepulciano d’Abruzzo doc (tra i quali, sia chiaro, non sono mancate le cose buone), proprio perchè la troppa disomogeneità tra i campioni la rendeva impossibile o priva di una coesione logica, finendo per penalizzare tutti.
Molto più facile farlo invece, per le ragioni dette sopra, con il Montepulciano Colline Teramane docg. Denominazione che viceversa ha mostrato in generale segnali di una coerenza stilistica maggiore rispetto all’anno precedente e anche una più ampia tendenza dei produttori a calcare di meno la mano sulle estrazioni, a vantaggio di piacevolezza e bevibilità che certamente non nuocciono alla causa.
Ne è risultato un quadro abbastanza unitario, nonostante il perdurare in alcuni casi di un certo (sicuramente legittimo, soprattutto se pagante in termini commerciali) individualismo.
Questo comunque l’elenco dei campioni della docg che più mi hanno convinto, tra novità e qualche conferma.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Yang 2022 Barba (Roseto degli Abruzzi)
Bel naso fragrante e croccante, con note vive di frutto, in bocca è quasi scalpitante, di facile beva, con qualche spigolo di gioventù ma nell’insieme gradevole e non impegnativo.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Il Grande Silenzio 2021 Fosso Corno (Roseto degli Abruzzi)
Al naso è ancora un po’ acerbo e discontinuo, ma vibrante, mentre al palato mostra una freschezza promettente e una piacevolezza non compromessa dal pur importante tannino.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Apollo 2021 Ausonia (Atri)
Bouquet orientato a una dolcezza che ricorda le caramelle alla frutta, in bocca gli spigoli si fanno sentire ma nell’insieme la beva è piacevole, con buona freschezza e qualche margine di miglioramento.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Riserva Vizzarro 2019 Barone Cornacchia (Torano Nuovo)
Piace al naso per una sua intrinseca coerenza fatta di note piccanti, ampiezza e tipicità varietale, in bocca è invece vivo, profondo e ben equilibrato, con finale godibile.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Riserva Pieluni 2019 Illuminati (Controguerra)
Olfattivamente è complesso e denso, ricco di sfumature che vanno dalla frutta matura al tostato, il salto di qualità lo fa in bocca con una piacevolezza marcata e dolciastra.
Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Riserva Colle Trà 2018 Cantina Strappelli (Torano)
Il bouquet di frutta scura è molto intenso, ma coeso e senza sbavature, mentre in bocca prevalgono la liquirizia e una certa gioventù che rende il vino promettente per il futuro.
Su tutto il resto, attendo che la situazione si sia assestata per poi tornarci sopra.