Il 21/6 (Hollis Brown) e il 19/7 (Grayson Capps) ricomincia il Crete Senesi Random Rock Festival, in tandem con Rock & The Wine di Clavesana (CN). Morale: non c’è pelo sullo stomaco che, alla fine, ti faccia stufare del r’n’r.
Il conto delle arrabbiature, dei malumori e dei giuramenti solenni di “non farlo più, mai più“, l’ho perso da un pezzo. Ma poi, durante, mi sono sempre trovato a battere il tempo col piedino e a scambiare occhiate d’intesa coi compagni di avventura. Quelli, random anch’essi, del Crete Senesi Random Rock Festival (qui), una “cosa” tendenzialmente estemporanea a cui, con un gruppo di sodali appassionati di r’n’r per ascoltatori adulti (no, il porno non c’entra), demmo vita in modo più o meno incosciente nel 2010.
Esiti economici catastrofici secondo copione, eccitazione ai massimi, situazioni nuove o nuovissime.
Il bello e il brutto della musica, ma vissuto addosso anzichè via dischi, lp, cd.
Poi il fortunato incontro con un’azienda che con noi divideva tutto e nulla: Clavesana (qui), cantina della profonda Langa cuneese produttrice dell’uva, il Dolcetto, e vino, il Dogliani, più “roots” che ci siano. Il tutto erano appunto la passione per le radici, per la condivisione tra simili e consapevoli, per le cose che sono di nicchia non in quanto snob, ma perchè le capiscono in pochi.
Il nulla era il resto: noi toscani e loro piemontesi, loro vinicoli e noi eterogenei, noi uomini e loro quasi sempre donne.
Così il Festival è diventato “Random” (che cioè si fa se, quando, come e dove si può) e si è sposato con “Rock & the Wine“, il format con cui Clavesana, per promuovere i suoi vini, chiama artisti di culto a suonare in campagna, dove i vini nascono e dove stanno anche le radici dei loro produttori.
Prossimi appuntamenti (info qui e qui) il 21 giugno con gli Hollis Brown e il 19/7 con Grayson Capps.
La cosa divertente è però contemplare i propri mutamenti nell’approccio all’impresa.
Le ingenuità iniziali sono perdute per sempre e questo è un bene. Si scopre che anche il tempo libero, soprattutto se è poco, va ben gestito e non dev’essere sprecato. Si impara che non sempre il musicista e la persona coincidono alla perfezione e che, tuttavia, anche questo contribuisce a farti conoscere meglio la musica che ascolti.
Un’altra cosa sempre più evidente è che, nella mente della gente, lo spazio interposto tra l‘arte e lo spettacolo – spazio in teoria ristretto – è in realtà vastissimo. Per i più, anche insospettabili, un concerto è un intrattenimento, non un’esperienza emotivamente profonda. E comunque ha spesso il valore di una figurina sull’album o di una bandierina sulla mappa: “cèlo, cèlo, manca“, “qui ci sono stato, qui no“, “questo l’ho visto e quello no“. Fine del discorso.
Poi c’è il sottobosco.
Un sottobosco ora sgangherato e ora affascinante in cui il mondo si arrangia, si adatta, specula e regala, guadagna tanto e perde di più. Bivacchi e suite, panini e ristoranti stellati. Vi abitano tenere canaglie, poveri scemi che si credono furbi, banditi oltremodo candidi, schiavi delle proprie passioni, mestieranti, cinici e sognatori, inguaribili ottimisti, ondivaghi per natura, meteoropatici. Tutti insieme, pronti a essere oggi l’uno e domani l’altro.
E che dire dell’arte raffinatissima di rendere complicato ciò che è semplice e semplice ciò che è complicato? Come i contratti che elencano puntigliosamente fiori rari e bibite costose da far trovare “tassativamente” in camerino e gli artisti che non credono ai propri occhi quando si trovano a vergare la playlist appoggiati nella gelida oscurità di una sacrestia di campagna, perchè i camerini non esistono. Esperienza di cui però parleranno per giorni e si ricorderanno per anni.
Tutto questo scorre sotto gli occhi, concerto dopo concerto e appuntamento dopo appuntamento, senza mai diventare del tutto normale. Ogni volta è una full immersion in cui l’orgia di musica che senti di questo o quel musicista che si appresta a suonare per te diventa un lampeggiare di lucine, flashback, rigurgiti di dischi passati e acquisti compulsivi di album mancanti.
Così, alla fine, si torna al punto di partenza: lo scaffale si allarga e l’elenco si allunga. E tu rimani un promoter per caso.