La marchesa Vittoria Gondi Citernesi dà alle stampe un libello che sintetizza generazioni di ricettari domestici della sua fattoria di Volmiano. Un assennato pro memoria in tempi di sovraesposizione gastronomica.
Qualcuno dice che i libri di cucina hanno stufato e che, presto, a causa del bombardamento mediatico, stuferà anche la cucina tout court, facendo sgonfiare la bolla speculativa che le si è dilatata attorno.
Può darsi che sia vero.
Il punto però è individuare cosa o quale sia un libro di cucina e quali pubblicazioni, sotto le spoglie del libro di cucina costituiscano, invece, altro. Ad esempio diari, memorie, testimonianze di quella cosiddetta cultura materiale a cui, senza dubbio, l’arte del cibo e il rito del desco quotidiano appartengono.
E’ evidente che nel secondo caso all’aspetto culinario se ne affianca un secondo di natura, appunto, più culturale.
Il libriccino da poco pubblicato da Vittoria Gondi Citernesi appartiene a quest’ultima categoria: è una raccolta di ricette di casa, mille volte sperimentate e perfezionate, apprese “a vista” da mamma e nonne nel quotidiano esercizio o recuperate dai vecchi quaderni con la copertina nera su cui le stesse riportano, naturalmente in bella grafia. Con un valore aggiunto: la fonte è il microcosmo di una fattoria della campagna fiorentina.
Per chi non conosce la natura vera e intima di quel piccolo universo che è stata la fattoria toscana – i suoi ritmi, i suoi condizionamenti dettati da persone, ambiente e circostanze, le regole non scritte che rendevano ogni fattoria uguale a tutte le altre per architettura sociale ma al tempo stesso unica nella sua individualità – la differenza apparirà quasi incomprensibile.
A renderla più chiara basta sfogliare il ricettario, intitolato “La natura in tavola” (Polistampa, 2013, 120 pagine, 6 euro) con un sottotitolo: “Fattoria di Volmiano: ricette e segreti“. E soppesare i pochi aggettivi con cui l’autrice descrive i piatti: “parsimoniosi” e “senza fronzoli”. Il che, come ben sanno gli esegeti della cucina casalinga e rurale, non significa affatto nè banali, nè insipidi, nè tirati via.
Il volumetto è pillottato di ricordi personali e di spigolature descrittive di usi, tradizioni, modi di dire e di fare. Ed è scandito dagli elementi che, per definizione, in fattoria determinavano i tempi della vita e, quindi, anche della tavola: le stagioni e i prodotti-base come l’olio, il pane, il pomodoro, il maiale, le pecore, gli animali da cortile, la frutta e la verdura.
Insomma non è una banale operazione editoriale e nemmeno un’inutile autogratificazione narcisistica, ma un manuale domestico, agile, da spataccare utilizzandolo per cucinare e da sfogliare ogni tanto per ricordare (o immaginare) il tempo che fu. Anche se alla fine, per fortuna, qualcosa ne è rimasto ancora.