Facendo sponda sull’emergenza virus e con la muta complicità del solito a-sindacato, il governo mette in atto la prima, vera operazione di eugenetica professionale: abbandona ufficialmente al loro destino il giornalisti libero professionisti. Almeno, ora, sappiamo dove (non) andare.
C’erano aruspici e precedenti troppo negativi perchè non finisse così. Del resto, non più tardi di due giorni fa proprio il segretario dell’Fnsi, Lorusso, aveva tuonato, minaccioso: “Il governo sostenga il settore, anche e soprattutto lavoratori autonomi e precari“.
E infatti è finita come è finita: cioè con il riconoscimento, se non ufficiale, quasi, che in Italia il lavoro autonomo giornalistico è un vuoto a perdere, un ingombro di cui disfarsi, un seccatore da disincentivare. Per non dire un impiastro, un male da pulizia etnica o un malato di cui, nella logica della “difesa di gregge“, auspicabilmente liberarsi abbandonandolo al suo destino.
Chiamamola eugenetica professionale.
A tale proposito il decreto Cura Italia emanato ieri dal governo per arginare gli effetti economici procurati dal coronavirus è stato infatti , purtroppo, chiarissimo: “Ai liberi professionisti titolari di partita iva attiva alla data del 23 febbraio 2020, ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data e, iscritti alla Gestione separata non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, agli operai agricoli a tempo determinato e ai lavoratori dello spettacolo, è riconosciuta (per il mese di marzo, salvo un’altra ad aprile con una misura ad hoc, ndr) un’indennità una tantum pari a 500 euro“.
Insomma le notizie sono due, una cattiva e una buona.
La cattiva è che se faccio il giornalista freelance a tempo pieno, insomma ci campo e pertanto sono iscritto all’Inpgi2, ma per caso, in tempi remotissimi, magari da studente, o per circostanze casuali, ho malauguratamente acquisito anche una pur minimale, irrilevante posizione Inps, non mi spetta una lira di aiuto.
La buona è che, umiliazione a parte, in un contesto in cui da anni i miei redditi vanno a picco e in una contingenza in cui, causa virus, i medesimi sono precipitati e resteranno a zero, ben che vada, per mesi, l’unica cosa che perdo è un’elemosina da 500 euro.
Pensateci: 500 euro, una tantum . Che ci fa uno che lavora in autonomia (cioè senza ferie, senza sindacato, senza orari, senza garanzie, senza malattia, etc), per non dire lui e la sua famiglia, con 500 euro una tantum?
Quindi il segnale profondo da cogliere nel provvedimento governativo non è tanto nell’entità risibile dell’aiuto, ma il suo significato intrinseco, politico: “potete, anzi dovete morire“.
Vi ricordate la canzone dei pirati ne “L’Isola del Tesoro“?
“Quindici uomini sulla Cassa del Morto (un’isola deserta, ndr) e una bottiglia di rum!“.
Ecco, uguale. Solo che a noi nemmeno il rum: c’hanno dato la gazzosa.
Ma non basta.
A ulteriore dileggio si sancisce che, oltre alle amenità sopra riportate, il governo istituisce un “fondo di ultima istanza” (notare la terminologia prescelta, praticamente un’estrema unzione), con una dotazione di 300 milioni di euro, come fondo residuale per coprire tutti gli esclusi dall’indennizzo di 600 euro, compresi i professionisti iscritti agli ordini.
Voglio affogare nella gazzosa.