Ora che è finito da qualche giorno e che ci si è ripresi da stress e tensione, si tira un respiro di sollievo e si tende a dire che il Vinitaly è, nel bene e nel male, sempre uguale a se stesso.

Mica vero, invece.

Dietro una spessa crosta di apparente immutabilità, la fiera sobbolle e si rimescola continuamente come un magma.

Se ciò accada perchè è la fiera stessa che cambia o se perchè, con pari lentezza e continuità, cambiano lo spirito e le abitudini dei suoi frequentatori (questione invero molto sociologica, ma nella sostanza inutile da indagare) è tutto da stabilire.

Ad esempio: accesso e deflusso.

Sempre più gente usa le navette e arriva a Verona coi mezzi pubblici. E’ accertato che, così, i tempi si dimezzano per tutti: per gli utenti dei bus e dei treni e per gli automobilisti, che trovano meno traffico e più parcheggi.

Siamo perfino al miracolo che, per le medie percorrenze come ad esempio la tratta Firenze-Verona-Firenze da 90 minuti di durata, se non si abita troppo lontano dalla stazione di partenza del Frecciarossa conviene andare al Vinitaly da mattina a sera, giorno dopo giorno, con enorme risparmio di stress e di denaro, oltre che con grande beneficio generale. A conti fatti, prenotando i treni per tempo, la spesa ultima è ben inferiore a quella sostenuta alla fine per la rapina alberghiero-ristoratoria scaligera. L’ho teorizzato da tempo e ora scopro che lo pratica già qualcuno.

Un altro semimiracolo che sta passando sotto traccia, ma funziona, è la consistente riduzione dell’assalto agli accrediti stampa (e quindi alla sala stampa, etc) ottenuto attraverso la modulazione differenziata dell’iter, che scoraggia improvvisatori, sedicenti e millantatori o li costringe, in qualche modo, ad esserlo in modo “professionale“, con ulteriore beneficio generale.

Non male nemmeno la ormai quasi definitiva sedimentazione, attorno al Vinitaly, dell’arcipelago delle manifestazioni parallele, che sembrano aver trovato una loro dimensione attigua, ma non del tutto sovrapposta, a quella dell’evento principale.

Sono espressione dello stesso movimento centripeto tutte le inizitive che, piano piano e sulla scia di quanto da tempo succede altrove con manifestazioni similari, si stanno aggregando nel Vinitaly and the City, ovvero il cosiddetto “fuori salone” giustamente mirato (a mio modestissimo parere) a separare sempre di più la componente professionale, da celebrarsi tra i padiglioni della fiera, da quella festaiola e godereccia del grande evento, da spalmare per le vie cittadine.

Insomma spesso il Vinitaly lo danno per morto, lo incalzano con manifestazioni concorrenti e con altre, nuove, che dovrebbero nascere. Ma alla fine lo rafforzano e lui rimane là, con quel suo andirivieni febbrile di cui tutti si lamentano ma del quale, se non ci fosse, avrebbero un po’ nostalgia.

Una specie diStessa spiaggia, stesso mare ove, dopo un anno, ognuno è contento di ritrovare i vecchi vicini di ombrellone. Anche quelli un po’ molesti.

E se poi scopri che il lato B della famosa canzone di Piero Focaccia era “Portala in cantina“, la suggestione enoica si fa perfetta…