Si potrebbe definirla la prima esperienza di rock’n’vino. O di mystic’n’roll. In ogni caso, la quarta edizione del microfestival organizzato tra amici-esegeti in una chiesa della Langa profonda ha funzionato. Non lo dico io, ovvio. Lo dicono la gente e l’atmosfera speciale che si è creata. A dimostrazione che…
Stare al tempo stesso dalle due parti della medesima barricata può essere, secondo le circostanze, estremamente imbarazzante o estremamente esaltante.
E sebbene sia una posizione che, in generale, mi piace poco, devo ammettere che anche stavolta si è trattato del secondo caso. Al cento per cento.
Non che ne dubitassi, perchè, giunti alla quarta edizione del Crete Senesi Random Rock Festival (qui), l’esperienza insegna per forza molte cose. Ma insomma, qualche rischio c’è sempre. E invece…
Invece, dopo il già convincente concerto di Jason McNiff (ciao Jason!) del primo venerdì di gennaio (qui), nella Langa profonda della chiesa di Sant’Anna alle Surie (due abitanti, due osterie-fantasma, una scuola elementare deserta e tante case vuote) di Clavesana (CN) venerdì scorso sono arrivati Willie Nile e un guitar wizard come Marco Limido. E’ arrivato il parroco don Armando (grazie per tutto!). Sono arrivati i vertici della Cantina Clavesana (il presidente e neononno – complimenti!- Giovanni Bracco e il direttore Anna Bracco, parenti in nulla tranne che nel Dolcetto e nello sposare questo pazzo progetto di rock’n’vino). Sono arrivati tanti soci, tanti amici, tanta gente. Anche da lontano. E solo per ascoltare Willie suonare, in una miscela di misticismo e sudore, di ballate salmodiate e di svisate incandescenti.
La cronaca del concerto la troverete altrove (qui).
Quello che mi preme raccontare in questa sede è che il cameratismo e l’amore per la musica, se è sincero, può fare miracoli.
Ad esempio portare un microfestival nato per gioco, tra amici (qui), assolutamente no profit e no budget, a cinquecento km di distanza e davanti a un pubblico in gran parte neofita, assolvendo integralmente al proprio scopo: pochi artisti di culto, in luoghi di eccezione, ma comunque sempre di campagna o marginali (on the edge of town…) e sempre per un’audience ristretta, consapevole o desiderosa di conoscere.
Se dicessi che è stato tutto facile o riposante, direi una bugia.
Ma Dio solo sa se ne vale la pena.
E’ la dimostrazione che si può essere professionali, o almeno ottenere risultati soddisfacenti, senza essere professionisti (nel senso di mestieranti).
E’ anche la dimostrazione che le buone idee, se trovano terreno fertile, possono sbocciare pure se l’impresa è difficile.
E soprattutto è la dimostrazione che lo spessore di un artista, se c’è, emerge comunque, quando chi lo ascolta ha l’umiltà di stare a sentire e magari di documentarsi prima. Gran parte dei vignaioli di Clavesana lo ha fatto. Loro non si scorderanno più di Jason e Willie, Jason e Willie non si scorderanno più del loro vino e della loro chiesa.
Evidentemente la verità, ancora una volta, non stava sotto il pick up di Toni Iommi (crf Riccardo Bertoncelli), ma nei bicchieri di Dolcetto e all’ombra dell’altare delle Surie.
Mi sia concessa, in chiusura, una nota personale che poi forse tanto personale non è, visto che riguarda anche i luoghi e le persone che ci hanno ospitato. Prendendo congedo, Willie Nile ci ha detto: “Grazie due volte, perchè oltre a darci l’opportunità di suonare, voi lo fate sempre in posti incredibili e con gente incredibile“.
Pure queste sono soddisfazioni.