Prima riunione della commissione per l’equo compenso: manca il rappresentante degli editori. Secondo loro dovrebbero essere in nove (9) e in zona Cesarini chiedono un “parere interpretativo”. Lo racconta Enzo Iacopino su FB. Io mi limito a malignare.

Dalla pagina Fb di Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei Giornalisti:
PLOFF: LA “VOLGARITÀ” DEGLI EDITORI. Ploff a metà, grazie a Paolo Peluffo, della riunione informale della commissione sull’equo compenso. Gli editori non hanno indicato il loro rappresentante. Hanno presentato una lettera con la quale sollecitano un parere interpretativo. Secondo loro, in commissione dovrebbero essere in 9!
La lettera ha la data del 28 febbraio (41giorni dopo l’entrata in vigore della legge; 56 dopo la pubblicazione, 86 dopo l’approvazione delle norme): UNA VOLGARITÀ!
Il sottosegretario Peluffo ha deciso, con un consenso unanime, di affidare al DAGL, il dipartimento affari giuridici della Presidenza del Consiglio, il compito di dare il parere (anziché rivolgersi al Consiglio di Stato con un blocco di alcuni mesi). Così la manovra degli editori è stata parzialmente evitata perché, assicura Peluffo, “in quindici giorni avremo il parere”. Ma nell’attesa si comincerà a lavorare incrociando i dati.”

Che dire?
Se dessi retta all’istinto, anzichè i dati incrocerei le sciabole, ma forse ha ragione il presidente.
La cosa più grave, però, è che in questo modo l’illusione continua. Si perpetua. Si leggono ovunque messaggi di salvifica speranza nei miracolosi effetti dell’equo compenso sulle esangui tasche degli autonomi superstiti e dei molti aspiranti (giornalisti e, si auspica, non superstiti) tali.
Il sindacato, ovviamente, rilancia: lotta dura senza paura (che altro potrebbe dire? Mi verrebbe da chiedere dove fosse quando era il momento di lottare davvero, ma per una volta mi astengo).
Io comunque ho una teoria: quello degli editori non è, come potrebbe sembrare, il tentativo di ottenere un’impossibile dilazione a oltranza dell’equo compenso.
Non sono così sciocchi da non sapere che, prima o poi, a qualcosa dovranno addivenire.
La manovra è più sottile: puntano ad arrivare al traguardo il più faticosamente, estenuantemente possibile, dando la sensazione di aver resistito fino alla fine, di aver concesso il massimo, di essersi svenati, di aver ceduto su tutti i fronti al cospetto dell’intransigenza dell’asse OdG-Fnsi-Inpgi. Non potendo, così, essere in alcun modo accusati di non aver fatto il top delle concessioni. Concessioni oltre le quali, va da sè, non si potrà mai più andare.
Insomma puntano a mettere una zeppa che, bloccando naturalmente il compenso inderogabile alla quota minima, possa essere trasformata – quasi cointeressatamente, per motivi di “apparita”, con la controparte – nella sensazione di un grande traguardo raggiunto.
Stiamo a vedere.
Più questa storia va avanti e più mi sembra una grande questione di principio e sempre meno una questione di sostanza.