A quasi 45 anni dalla fondazione della band, esce il volume in italiano che racconta la storia del più famoso, ramificato, controverso, litigioso, amato e odiato gruppo country-rock del mondo.

Soundtrack: “Desperado“, Eagles.

Con l’eccezione di alcuni inni generazionali come “Hotel California” (che essendo appunto un inno è difficile giudicare criticamente) e di un paio di antichi album effettivamente storici (tipo “Desperado” e “Eagles“), non ho mai amato un granchè i californianissimi Eagles.
Troppo successo e troppa fm per i miei gusti di allora. E, ad essere sinceri, anche di oggi.
Senza negare tuttavia l’enorme ruolo avuto dalla band nell’evoluzione del cosiddetto genere country-rock da tendenza a fenomeno pop planetario, con record di vendite a ripetizione e un proporzionale tasso di litigiosità interna.
Di tutto questo e per fortuna anche di molto altro parla il nuovo libro di Sergio d’Alesio, una delle figure storiche della critica musicale made in Italy (Nuovo Sound, Stereoplay, Popster, etc): “Eagles, la leggenda del country rock” (Aerostella editore, 160 pagine, 16 euro).
Non è un mistero del resto che d’Alesio sia un cultore dell’epopea eaglesiana. E così, senza utilizzare però troppi arzigogoli dialettici nè dietrologie, nel volume l’autore si preoccupa di ripercorrere la lunga storia della band, sia attraverso un’analisi della discografia di gruppo e solistica, sia attraverso l’intreccio delle figure che, alla luce e nell’ombra, ne hanno costellato il divenire, dai Byrds ai Burritos, da Linda Ronstadt a Jackson Browne, dall’Asylum Records al suo controverso guru, David Geffen. Utilizzando qua e là, per spiegare fatti, circostanze e atmosfere, anche stralci di interviste tratti da riviste dell’epoca o le liriche delle stesse canzoni.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il maggior merito del volume non è tuttavia di entomologizzare il periodo d’oro degli Eagles, sostanzialmente gli anni ’70, quelli legati ai primi successi e all’affermazione commerciale. Periodo conosciutissimo e trattatissimo dalla pubblicistica. Ma di dedicare una buona metà del tomo alla seconda vita del gruppo, certamente meno nota – se non altro per ragioni anagrafiche – ai fan della prima ora e forse, pur nel glamour del suo tenore, rimasta più impigliata della precedente tra le maglie di un’industria musicale che nell’arco temporale interessato, dal 1994 a oggi, è cresciuta, caduta e poi si è dissolta nel calderone generalista dell’entertainment.
E così ecco le Aquile che, riemergendo come fenici dalle proprie (dorate) ceneri, proprio nel 1994 congelano l’inferno (era questa la profezia fatta dal leader Don Henley per il giorno in cui il gruppo si sarebbe ricostituito dopo lo scioglimento del 1980), pubblicano “Hell freezes over” e riprendono un agiato cammino di dischi d’oro e platino, DVD, concerti in megarene e il film autocelebrativoHistory of the Eagles“. Naturalmente senza risparmiarsi cause legali, licenziamenti (Don Felder fu messo alla porta nel 2001) e progetti solisti.
Tutti eventi di cui d’Alesio dà puntuale contezza.
Conclude il libro la discografia completa del gruppo e dei suoi membri, comprese le formazioni pre e post Aquile, e una divertente “top 50 Eagles sessions“, cioè l’elenco delle cinquanta migliori partecipazioni degli aquilotti a dischi di altri musicisti.