In un reticolo di mani e di volti del pellegrino Pier Orler, nove storie che si incrociano raccontando le istantanee di un cammino e, al tempo stesso, le molte vite intercettate in terra di Puglia, maggio 2014.
Soundtrack: Elton John, “Mona Lisa and Mad Hatters” (non so perchè, ma mi gira così).
Come in una battaglia navale, solo che è pedestre. Nel senso che si è camminato. Tanto. Tutto per incocciare questi volti e queste mani.
In C2 c’è Carlo Di Corato, patron delle cantine Rivera. Sulle prime pensava, piuttosto sbalordito, che gli arrivassero in casa un gruppo di podisti in mutande e col bicchiere in mano. Poi ha capito e si è adeguato. Il suo Violante 2011, Nero di Troia in purezza, Castel del Monte doc, ci è piaciuto assai per la godibile semplicità.
Quello in A2 è il personaggio più singolare. Fa il pastore fra Minervino e Montegrosso, in una masseria che è nel cuore della Puglia ma si chiama Friuli. E’ l’ultima rimasta come nell’800: senz’acqua e senza bagno, annerita dal fumo. Lui ci va la mattina e la notte torna a casa. “Mi piace così”, dice. Di nome fa Michele, di cognome Solitario. Davvero, non è uno scherzo. Omen nomen.
A1: il trio lescano. Al centro il Moscato di Trani di Villa Schinosa, di gran lunga il migliore che abbiamo assaggiato. Impettito sulla botte c’è il feroce Filippo, salito lassù con un sol balzo. Il terzo è Corrado Capece Minutolo, il titolare dell’azienda. Che per vivere fa l’agricoltore e per hobby il velista. Quando ha tempo, si capisce. Nei ritagli comunque ha vinto tre titoli mondiali in classe beneteau, tanto per gradire.
La casella C3 ospita la portaerei di questa battaglia. O piuttosto disfida, dovrei dire, visto che il Pellegrinaggio celebrava quella di Barletta. Nella foto, messer Pietro Zito da Montegrosso, maestro di mestoli e di orti. L’Ettore Fieramosca della gastronomia tradizionale pugliese è lui. Si esercita in un orto di due ettari dove la toilette è sotto un olivo. Non ci credete? Andate a vedere, tanto lui vi ci porta comunque.
In A1, seduto alla scrivania del bisnonno fondatore, c’è Giovanni Mucci da Andria, il re del confetto artigianale. Prima di visitare la sua bottega-museo, ero convinto che i confetti fossero quelli bianchi dei matrimoni. Dopo mezz’ora con la famiglia Mucci ho scoperto che esiste un linguaggio del confetto. O, se volete, un confetto per ogni occasione. E se la futura suocera non vi porta i suoi, son guai…
Bianche e ovali come confetti nuziali, ma più cremose e grandi assai, sono le burrate che Vincenzo Fucci, casella B2, fabbrica nel suo laboratorio andriese. La notizia sorprendente è stata che la burrata non è una specialità antica, ma moderna: l’hanno inventata una cinquantina d’anni fa, ad Andria è ovvio, per salvare il latte che altrimenti andava a male. Ben glie (e ce) ne incolse.
Il terzetto in C1 immortala Alessandro Gallo, ristoratore in Trani presso il locale che porta il suo nome, tra due camerieri con i vassoi pieni di dolci pugliesi. Le tentazioni della gastronomia locale hanno garantito ai pellegrini un ritorno con un paio di chili in più rispetto alla partenza, nonostante i 120 km percorsi a piedi. Grazie Alessandro!
In B1 e B3, infine, ci sono quattro delle dieci mani che ci hanno accolto alla Masseria Barbera di Minervino, dopo il primo giorno di cammino: cena sontuosa preceduta da dimostrazione vivo-live di fabbricazione casalinga di orecchiette, cesti di vimini e scaldatelli. Cioè taralli scaldati: prima bolliti e poi passati in forno per garantirgli freschezza sempiterna. Come i Pellegrini Artusiani, insomma.
O quasi…