Solo la grottesca ipocrisia di tutto il sistema, di cui una certa schiera di giornalisti è parte integrante, può consentire un livello di disinformazione tale da far credere all’opinione pubblica (spesso, peraltro, ben lieta di farsi infinocchiare) l’esistenza di una questione che è del tutto diversa da come viene raccontata.
Allora, ricapitoliamo.
1) Una legge antiabuso delle intercettazioni c’è già, ma siccome applicarla significherebbe colpire i veri responsabili della diffusione illegittima delle intercettazioni, cioè la casta dei giudici, non la si applica. Si consente che non venga applicata sia perché, come tutti sanno, “cane non morde cane” sia perché, essendo alcuni giudici “militanti” organici a certi schieramenti politici, punendoli e inibendoli dalla diffusione dei brogliacci non si potrebbe più usare la comoda arma della gogna mediatica per appioppare condanne preventive e rovinare a mezzo stampa gente che poi, molto spesso, viene prosciolta da ogni accusa o nemmeno sottoposta a giudizio.
2) Quindi che autogol fa il governo? Invece di pretendere un cambio di rotta, di leggi anti intercettazioni ne fa un‘altra. In cui però a essere colpiti non sono gli “spacciatori” di intercettazioni, cioè i magistrati, ma i “consumatori” delle stesse, gli utenti finali. I quali, avendoci (almeno qualcuno) marciato per anni e avendo costruito sulla divulgazione delle intercettazione, a prescindere dal contenuto e dalla rilevanza delle stesse, fortune professionali ed editoriali, del tutto esenti da responsabilità almeno morali però non sono.
3) Eppure, colpo di scena: invece di indignarsi per il fatto che una legge ci sia, ma che non la si applichi perché guardie e ladri appartengono alla medesima categoria di intoccabili (gli stessi, guarda caso, che con i politici poi chiedono risarcimenti miliardari ai giornalisti che osano criticarli, con ciò mettendo un vero bavaglio alla libertà di informazione), la stampa militante (rectius: il sindacato sedicente unico e che invece, dati alla mano, rappresenta ben che vada un terzo dei giornalisti italiani), ovvero l’FNSI, scende nel campo della protesta politica e scioperando affianca i partiti dell’opposizione e i sindacati “normali”, “ordinando” agli associati di astenersi dal lavoro e, con ciò, “imbavagliando” se stessa e proprio coloro i quali, invece di tacere, dovrebbero scrivere, spiegare, criticare, riferire, riportare.
4) Non solo, ma così facendo ha l’impudenza di marciare a braccetto con il “nemico” storico, cioè gli editori, con i quali l’anno scorso la Federazione ha sottoscritto una Caporetto contrattuale buttando a mare il destino professionale dell’80% dei giornalisti (quorum ego e tutti i liberi professionisti).
5) Ergo, poiché:
– L’FNSI non mi rappresenta
– Se mi rappresentasse, dovrei essere comunque io a dire a lei che fare e non lei a decidere se io sciopero o meno
– Anche volendo, non potrei scioperare contro me stesso
– La questione delle intercettazioni è malposta, ideologica, strumentale, politica e eterodiretta
– Non mi piacciono gli scioperi di venerdì, che somigliano tanto a quelli di Pomigliano fatti alla vigilia delle partite della nazionale
IO OGGI NON SCIOPERO AFFATTO E QUESTO BLOG, CHE E’ REGISTRATO COME TESTATA GIORNALISTICA, NE E’ LA PROVA.