Se facessi pagare a costo di colf in nero il tempo perso dietro alle questue di chi pensa che giornalisti e giornali siano bacheche su cui affiggere e perciò diffondere le baggianate della gente, guadagnerei il triplo. Anzi, ora che ci penso è un’ideina mica male…

 

Mi sono speso molte volte, con tassi d’irritazione variabili secondo il momento, sull’inspiegabile ma comunque sempre inaccettabile convinzione di taluni (ahinoi, numerosi) che i giornalisti – e nemmeno i giornali per cui lavorano, ma proprio i giornalisti in sè – siano una sorta di comoda bacheca aperta a tutti, attraverso la quale dare pubblicazione e quindi visibilità a qualsiasi sciocchezza.
L’equazione è la seguente: io ti do qualcosa che mi interessa (rectius: che ho utilità a) divulgare e, automaticamente, tu la pubblichi. La pubblichi nel senso che proprio la devi pubblicare e pure subito, senza fare troppe storie, né domande, o osservazioni, o eccezioni. Primo perché è giornali “dovrebbero servire a questo” (cioè pubblicare acriticamente le grafomanie altrui, mah…) e secondo perchè “non ti costa nulla” e quindi… (o – sottinteso insinuante – se non pubblichi è perché vorresti dei soldi, oppure perché sei al guinzaglio di qualche padrone, oppure perché difendi chissà quali inconfessabili tornaconti?)
Ergo ti telefono e in nome della nostra amicizia, di una conoscenza vera o presunta, di una comunità di amicizie più o meno tali o anche di nulla, ti chiedo di dare immediata diffusione all’imperdibile informazione, sia essa l’uscita di un nuovo sottaceto, una candidatura politica, una contravvenzione ingiusta, una cena privata, un commento di qualche tipo, un fatto di quartiere, un torto tutto da dimostrare e senza contraddittorio.
Ovviamente, agli occhi del questuante, il fatto che tu, come peraltro arcinoto, ti occupi di cose del tutto diverse, è irrilevante. Come è irrilevante che si insista a chiedere a testate nazionali di uscire a otto colonne su questioni localissime, di pubblicare su un quotidiano fatti avvenuti mesi prima o che avverranno tra mesi, di parlare su un periodico specializzato di notizie generiche o viceversa, di prendere posizioni di parte, se non militanti, che per definizione nessun giornalista o giornale serio potrebbe prendere, figuriamoci poi a scatola chiusa…
Eppure, niente da fare: non passa giorno che non arrivino quelle due o tre sollecitazioni, richieste, implorazioni, preghiere. Perfino ordini e addirittura sfide o minacce: “ti manca il coraggio, tutti uguali voi giornalisti…”.
Sono appendici tipiche di tale comportamento, nel rarissimo caso esso risulti coronato da successo, la puntuale insoddisfazione per la rilevanza, la posizione o il titolo ricevuti dalla non-notizia e, ciliegina sulla torna, la richiesta di ripubblicazione o di modifica del testo pubblicato o perfino di ambedue le cose contemporaneamente. Quando non nuove insinuazioni su presunte interferenze e veti subiti.
Se facessi pagare a costo di colf in nero il tempo perso dietro a queste baggianate guadagnerei il triplo.
Anzi, ora che ci penso è un’ideina mica male