Mentre infuriano i commenti postelettorali, sui giornalisti incombe la nube-Grillo. Siccome ha vinto, se ne dovrebbe dedurre che la gente gli dà ragione anche a proposito della nostra categoria. Ma forse prima era lo stesso, solo che non ce n’eravamo accorti.
Su una cosa concordano tutti, perfino Vendola e Fassino che lo avevano più volte dileggiato: Beppe Grillo ha vinto le elezioni.
Lungi da me nel tracciare orizzonti politici.
Mi limito a provare a tracciare quelli professionali.
Operazione semplice: il leader del M5S notoriamente detesta i giornalisti. O meglio, li disprezza e ne diffida. Non sto qui a rievocare le multiple occasioni in cui il comico l’ha sottolineato, ultima quella sui “precari che non controllano le notizie“.
Bene (si fa per dire), se le premesse sono queste, e a prescindere da come andranno le cose con la formazione del nuovo governo, è evidente che per la nostra categoria il futuro si prospetta più duro di prima, visto che il maggior partito italiano ci è esplicitamente ostile.
Oppure no?
Cioè: siamo sicuri che l’opinione pubblica, la gente della strada, non ci fosse ostile anche prima?
Io sono certo di sì. E se sono convinto che in buona misura sbagliasse, in un’altra penso invece che avesse qualche ragione.
La stampa è un argomento perfetto per ragionamenti qualunquistici e le chiacchiere da bar. Soprattutto se essa stessa non perde occasione per dare buoni motivi di far parlar male di sè.
In questo siamo maestri: talmente autoreferenziali, accecati dalle nostre questioni interne e dalla (teoricamente giusta) convinzione dell’importanza del nostro ruolo, da trascurare snobisticamente l’onda montante del dissenso, la sfiducia profonda, il rancore sordo, l’accondiscendenza pelosa che da tempo ci riservano la cosiddetta società civile e perfino la politica.
Fino a Grillo.
Il quale quindi ha avuto gioco facile, fiutando l’aria, nel prendere opportunisticamente la parola e accendere la miccia.
Ecco, credo che prima che sia troppo tardi dovremmo tornare in noi, guardarci al di dentro e dal di dentro, correggere alla svelta le molte storture, i guasti, le devianze della nostra categoria, fare un po’ di sana autocritica e impietosa pulizia.
Dopodichè tornare compostamente a fare il nostro mestiere, senza aver paura di nessuno, ma pure consapevoli dei nostri passati peccati.