Il mio appello a colleghi e uffici stampa –  ci sono testate che condizionano gli articoli al numero di follower dell’oggetto dell’articolo stesso? – è per ora caduto nel vuoto. Nessun caso, disinteresse o omertà? Ma l’inchiesta prosegue e le sorprese…

 

Non che mi aspettassi chissà che cosa, ma qualcosa sì.

Invece nulla: pare che, a parte il caso da me segnalato qui (in modo volutamente vago per estendere al massimo l’ombello della casistica), a nessuno sia capitato di sentirsi chiedere o di sentir dire che la pubblicazione di un articolo su un certo giornale dipendeva dal numero di follower o di like annoverato dal personaggio, l’argomento, l’ente, la compagnia oggetto dell’articolo medesimo.

Il meccanismo, a prima vista incomprensibile in quanto il massimo dell’antigiornalismo che esista, è in realtà molto semplice. Riassumo in breve.

In un mondo normale, la stampa dà notizia di un fatto al lettore, il quale leggendo i giornali si informa, si fa un’idea, eventualmente si appassiona al fatto stesso e magari, al termine di questo processo, ne diventa un follower.

Nel mondo deteriorato dall’invadenza e dai condizionamenti globali degli algoritmi e del webmarketing in cui viviamo, invece, il processo si inverte: è il numero dei “follower” che decide se su quell’argomento un articolo verrà pubblicato o meno, perchè il giornale conta su di essi per la vendita di copie, la loro diffusione e il rilancio sui social degli articoli. In altre parole, è l’editore che “compra” pubblicità dal recensito!

Avevo promesso che da un lato avrei portato avanti l’indagine e dall’altro che avrei fatto qualche precisazione, circoscrivendo meglio l’oggetto dell’indagine stessa.

Sul primo fronte confermo innanzitutto la notizia, che viene da un collega di indubbio prestigio e di riconosciuta onestà nel proprio settore di interesse.

Sul secondo, comunico che si parla di recensioni: c’è un giornale di importanza medio-grande che, per valutare se recensire (a prescindere se favorevolmente o meno) qualcosa, chiede di conoscere il numero di follower: se non ne hai abbastanza, nisba; se puoi averne di più, datti da fare e riparliamone; se ne hai tanti, affare fatto.

E’ evidente che, nella sua patologicità, il sistema investe l’intera catena dell’informazione: editore, direttore, redazione, recensore. Facendo precipitare una colonna del giornalismo, cioè la critica, nella polvere della pubblicità. Per non dire della marchetta nella marchetta. Da eccezione a regola.

Ordine, colleghi giornalisti, uffici stampa e pr, soloni della deontologia, profeti dell’on line e vestali della rete non avete proprio nulla da dire (e magari da segnalare: un po’ di coraggio, su, vi garantisco l’anonimato) in proposito?

Sicuri sicuri?

Attendo (poco) fiducioso.