Come molti colleghi sono stato coinvolto (e non me ne lamento!) nella consueta sarabanda prenatalizia di conviti augurali e inaugurali. Non potendo, per ragioni al momento riservate, dare conto di tutti separatamente, lo faccio con questo zibaldone.

Premetto che in questo post parlerò, com’è ovvio (ma per certuni nemmeno tanto), solo di locali dove sono stato. Quindi il mio articolo non ha nè la pretesa di dare un ragguaglio completo sulla mondanità natalizia fiorentina in corso, nè un quadro esaustivo dei ristoranti di nuova apertura in città o altrove: se non ne menziono qualcuno è dunque, semplicemente, o perchè non sono stato invitato o perchè non ci sono potuto andare.

Cominciamo con Da’ Pescatore (info qui), ambiziosa sfida ittiogastronomica che, in piazza del Carmine, ha messo a braccetto lo chef campano specializzato nel pesce Daniele Pescatore e una famiglia di navigati imprenditori del settore come i Caprarella. L’operazione è resa ancora più stuzzicante dalla scelta del locale: l’ex negozio Cavalli, già chiesa anglicana sconsacrata che ha mantenuto, per precisa scelta dei patron, molte delle poco minimaliste installazioni volute dallo stilista fiorentino. Il risultato è piacevolmente umbratile, col chiaroscuro dell’ambiente che scaramuzza con la solarità irrequieta e creativa dei piatti di Daniele. Tra le cose che più ci sono piaciute, oltre alle belle abat-jour a batteria dei tavoli, il polpo affogato nella sua acqua (da bere!) e la crema di carciofi con capesante e liquirizia. La carta dei dessert elaborata con Luca Mannori. E’ aperto solo la sera e si spende sui 75 euro vini esclusi.

Un’altra scommessa gastroarchitettonica in pieno centro cittadino è quella del Locale (via delle Seggiole 12, tel. 055 9067188, stranamente senza sito internet), recente creatura di Giacomo Corti, già proprietario del Cestello RistoClub e del Convivium. Il colpo d’occhio è imponente: palazzo rinascimentale, sotterranei medievali, giardino d’inverno con orto verticale, bancone di zinco con bartender spigliato e sale sparse sui due piani. Sensazione di opulenza e bei pezzi d’epoca sparsi qua e là. In cucina il giovane Fabio Silla, ex Villa San Michele (con la supervisione di Gabriele Rastelli, lo chef del Cestello) preannuncia un trionfo di carni e di griglia, dalla Chianina al manzo di Kobe, toscanità variamente reinterpretate e naturalmente pesce. Sul mio piatto sono planati ad esempio, tra gli altri, un ottimo raviolo di branzino e bufala e una cremosa, eccellente guancia di vitello brasata con purè di melanzane. Atmosfera molto trendy, clientela varia ma upper e spesa attorno agli 80 euro vini esclusi.

Altro giro, altra corsa. E altra scommessa: il matrimonio tra la pisana Savini Tartufi e il ristorante del rinnovato NH Hotel Porta Rossa (info qui), uno dei più antichi d’Italia (nonchè sede di quella considerata la più bella camera con vista della città). L’idea è stata ribattezzata “Truffle Experience Restaurant” e consiste in un menu interamente concepito per essere servito sia con che senza tartufo. Dalla carta il cliente (ovviamente non solo dell’albergo: il ristorante, al pianterreno del bel palazzo duecentesco, è aperto a tutti) può scegliere, piatto dopo piatto, se aggiungere una “grattatina” del prezioso tubero a un costo extra specificato nel menu. Il tipo di trifola cambia ovviamente secondo il periodo, secondo l’acuto motto che si è inventato il patron Cristiano Savini: “tartufo tutto l’anno“, tanto per smentire l’idea che il tartufo sia uno solo e balli per una sola stagione. Raccomando personalmente i tortellacci ripieni di pecorino di fossa e Radicchio trevigiano e la buonissima mattonella di gelato del Vivoli di ricotta di pecora con fichi secchi e miele al tartufo. Prezzo medio sui 70 euro, tartufo escluso.

Devo invece all’invito prenatalizio di Giorgio Dracopulos, che ringrazio, una visita fuori stagione sulla costa livornese, in quel di Vada, per una bella storia di cucina e non solo. Sono stato a pranzo infatti, sul lungomare, a La Barcaccina (info qui), il ristorante di Hamid Meridja e della moglie Maila, algerini da tanti anni in Toscana. Impressioni? Ottime. Bella carta dei vini e location a parte, a cinque metri dalla riva con vista pontile, tra le varie portate ho mangiato un ottimo rombo al forno con patate, un gran polpo grigliato e una sfoglia croccante con crema alla cannella che è la migliore assaggiata in vita mia. Provare per credere. Luogo raccomandabile, atmosfera gradevole e spesa media ragionevolissima (50 euro vini esclusi).

Concludo con due pranzi natalizi.
E’ stato piacevole tornare al Convivum (info qui) un anno esatto dopo l’inaugurazione del nuovo concept che univa ristorante gourmet e gastro-bistrot. Per la squadra di Viale Europa sono stati dodici mesi non  facili, a volte anzi esplicitamente difficili. La sensazione è che le buone intenzioni ci siano tutte e che si debba dare tempo al tempo, perchè un posto aperto dalle 10 del mattino alle 2 di notte, in grado di offrire ristorazione di alto livello e una vasta offerta gastronomica di nicchia, inclusi la possibilità di fare la spesa via e-mail e farsela portare a casa, è senza dubbio una risorsa per la città. E, comunque, vedere le pastaie che fanno la pasta fresca in diretta, da portarsi a casa o da mangiarsi al bistrot, è sempre uno spettacolo.
Ho messo per ultimo il pranzo natalizio al ristorante Il Palagio (qui) del Four Seasons non per ordine di tempo e men che meno per qualità. Ma, al contrario, perchè è stata l’occasione in cui ho assaggiato una delle cose in assoluto migliori degli ultimi mesi: il risotto di zucca con il ragù di colombaccio ammannitoci da Vito Mollica (vedi foto d’apertura). Al di là del gran cromatismo e dell’apprezzabile mancanza di fronzoli, fattori tuttavia da non sottovalutare da chi è abituato a valutare la sostanza prima dell’apparenza, a colpire è stata la perfetta consistenza del ragù, capace di salvaguardare la polposità della carne e il sapore della selvaggina, attutendone però l’impatto e mettendolo così in condizione di non uccidere nè il risotto, nè la dolcezza della zucca. I miei complimenti, già fatti a voce, allo chef.
E detto questo, buon Natale a tutti.