Il segretario dell’Fnsi colloca “Il Giornale della Toscana”, sull’orlo della chiusura per il blocco dei conti correnti dopo il sequestro preventivo ordinato nell’ambito dell’inchiesta su Verdini, tra i “cattivi” immeritevoli di riscuotere i contributi statali. Il rischio di quattordici giornalisti a spasso? Pinzillacchere, per il capo dei sindacalisti della penna…

In toscano stretto si potrebbe dire che ha pestato una cacca. Più maliziosamente, invece, si potrebbe vedere il tutto nell’ambito del laborioso e articolato cammino che da qualche tempo l’Fnsi e il suo inossidabile segretario, Franco Siddi, hanno intrapreso per riavvicinarsi, in vista di un eventuale cambio di governo orientato a sinistra, alla parte politica a cui il sedicente – e pure presunto – sindacato unitario dei giornalisti italiani si è sempre offerto come discreto ma solerte fiancheggiatore.
Ma che è successo?
Semplice. Giorni fa, nell’ambito delle indagini (sottolineo: indagini, alle quali bisogna lasciar fare il loro corso e nell’ambito delle quali non intendo entrare) della procura fiorentina su una truffa ai danni dello Stato che coinvolgerebbe anche l’onorevole Denis Verdini e altre 18 persone, su ordine del gip la Guardia di Finanza ha effettuato un sequestro preventivo da 10 milioni di euro. E messo i sigilli, tra l’altro, alla redazione de “Il Giornale della Toscana“, il quotidiano venduto con “Il Giornale”, edito dalla Società Toscana di Edizioni, di cui Verdini è socio. Società che è posseduta per il 51% dalla Cooperativa Nuova Editoriale. Questa, secondo gli inquirenti, sarebbe una “scatola vuota” creata ad hoc dal parlamentare per ricevere i contributi pubblici all’editoria.
In altre parole il provvedimento, che ha bloccato pure tutti i conti correnti, decreta la fine imminente della testata, voce di centrodestra fondata nel 1998 da Riccardo Berti, e minaccia di mandare in fumo il posto di lavoro di altre 28 persone, tra le quali i 14 giornalisti – tutti regolarmente assunti – della redazione.
Smarrimento tra i colleghi, solidarietà dai giornalisti, preoccupazione per una voce dell’informazione che rischia di spegnersi.
Si fosse trattato di un altro giornale, magari di uno di quelli più uguali degli altri, il sindacato sarebbe sceso in piazza avvolto da una nuvola di bandiere rosse, il segretario in persona avrebbe guidato cortei di protesta, presenziato a trasmissioni tv, strepitato contro la soppressione della libertà di stampa, indetto fiaccolate, marce, indignazioni di ogni tipo.
E invece che fa il segretario della Federazione Nazionale della stampa Italiana, sindacato “unitario” dei giornalisti, al cospetto dei colleghi messi praticamente sulla strada?
Dichiara testualmente quanto segue: “Bisogna fare pulizia, evitare finanziamenti all’Avanti, ai giornali di Ciarrapico o anche al Giornale di Toscana“.
Avete letto bene. Divide tra buoni e cattivi (secondo lui, è ovvio) e indica chi merita e chi non merita i soldi dello Stato. Mica si occupa dei redattori a spasso. Si preoccupa di chiarire da che parte sta e di mettersi da quella politicamente “giusta”. Insomma, gongola per la ghiotta occasione.
Coperto di giuste contumelie dal cdr della testata fiorentina, dal direttore della stessa Riccardo Mazzoni, da buona parte dei giornalisti di ogni colore e perfino da alcune correnti della sua organizzazione, Siddi ha poi provveduto a una precipitosa rettifica, ottenendo un risultato peggiore del male.
Ora, io ho lavorato al Gdt. Ho stappato lo spumante il 25 maggio del 1998, quando da caposervizio all’economia festeggiai con Berti, Mazzoni e tutti gli altri amici l’uscita nel n°1 del giornale. Poi l’avventura per me finì e con la proprietà non mi lasciai nemmeno troppo bene. Anzi, per niente. Sebbene abbia incontrato lì tanti colleghi stimabilissimi.
Insomma, non posso essere accusato di essere un estimatore di Verdini, nè uno che gli deve qualcosa, nè un simpatizzante.
Ma questo strabismo osceno, quest’opportunismo rivoltante, questa partigianeria volgare ed esplicita del “vostro” (nel senso che mio non lo è di certo e da un bel pezzo) sindacato dei giornalisti mi fanno ribollire il sangue.
E non vedo l’ora che la categoria vada coi forconi a cacciare dal palazzo chi non la merita.