Pepato scambio tra i cacciatori toscani, che accusano di fallimento la legge regionale sull’abbattimento degli ungulati, e l’assessore all’agricoltura Remaschi. Sullo sfondo, il disagio per una situazione che è sfuggita di mano a tutti da tempo, ma di cui nessuno vuole prendersi la responsabilità.
Come scrissi mesi fa, quella degli ungulati è una grande “ungulata“ per tutti.
Collettiva, insomma. E pure doppia.
Perchè, come i capponi di Renzo, mentre i due principali responsabili del disastro, i mandanti della politica e i loro mandatari cacciatori, passano il tempo ad accusarsi a vicenda, da decenni cinghiali e caprioli divorano in campagna tutto ciò che c’è da divorare: uva, grano, mais, olivi. E mandano fuori strada le auto, con morti e feriti. Sotto lo sguardo vigile di chi sarebbe demandato dalla pubblica amministrazione a “decimare” la fauna, per tenerla almeno sotto controllo, e che invece, sempre sotto gli occhi semichiusi della stessa p.a., allegramente la ralleva, affinchè la fonte del divertimento dei cacciatori, cioè gli animali, non manchi mai. E quindi non manchi mai neppure il “bisogno” di qualcuno che venga chiamato ad abbatterli.
Così il giochino ogni volta si rinnova, in un moto perpetuo di cui fa le spese l’intera comunità. Tranne, è ovvio, chi ha il permesso di andare impunemente e gratis a sparare, per divertirsi, sulla proprietà altrui. E, così facendo (oltre la beffa, l’inganno!), può pure reclamare gratitudine per il servizio pubblico reso.
Il problema, però, è che la situazione è nel tempo diventata davvero intollerabile. E che, per la politica, avere e blandire il pur massiccio favore elettorale dei cacciatori rischia di diventare un boomerang. “In Toscana – fa sapere l’assessorato – i danni all’agricoltura sono cresciuti in modo esponenziale dal 2010 in avanti passando, con dati certificati, da 1,5 milioni di euro ai circa 3 milioni del 2015 e lo stesso è stato per gli incidenti stradali, in alcuni casi mortali, che sono arrivati a sfiorare i 1000 incidenti segnalati nell’ultimo anno“.
Accade dunque che certe infrangibili valenze si spezzino e che alleanze fino a ieri ritenute immarscescibili si deteriorino velocemente.
E’ quello a cui stiamo assistendo nella crescente tensione tra la Regione e il mondo venatorio toscano.
Il caso è presto detto: la legge-progetto del gennaio 2016, voluta dall’assessore Marco Remaschi a fronte dell’incontenibile pressione degli ungulati sulle campagne, ha di fatto tolto ai cacciatori il monopolio della gestione della cosiddetta (capolavoro di eufemismo) “caccia di selezione“. In pratica, la nuova norma consente (per ora solo in teoria) anche agli agricoltori di abbattere i cinghiali e i caprioli che infestano i loro campi, senza attendere i comodi e gli sfortunati errori di mira (quelli sì, “selettivi”) dei cacciatori delle potentissime quanto vendicativissime squadre di “volontari” che da sempre si spartiscono ogni metro di territorio rurale, con rivendicazioni all’ultimo sangue.
E siccome a settembre si apre la caccia, ecco riaprirsi anche le cateratte della protesta venatoria: “Flop della legge per il controllo degli ungulati. La Confederazione Cacciatori Toscani denuncia gravi rischi per la gestione faunistica, le colture agricole e l’incolumità dei cittadini e chiede al Presidente Rossi di intervenire con urgenza per invertire la rotta“, strillava un comunicato (qui) diffuso l’altroieri e accompagnato da copiose schede statistiche tendenti a dimostrare il fallimento della nuova politica anticinghiali regionale.
Ma Remaschi è un uomo accorto, che da tempo ha fiutato il pericolo di irreversibile impopolarità che i danni provocati da una fauna fuori controllo possono portare all’amministrazione. E risponde per le rime.
“Spiace constatare – scriveva ieri in una nota – come una situazione che necessita di tutta l’attenzione possibile, tanto da essere uno dei temi più urgenti che le organizzazioni degli agricoltori hanno posto fin dall’inizio del mio mandato un anno fa, sia strumentalizzata da alcuni rappresentanti del mondo venatorio, che riportando numeri parziali e in alcuni casi non corretti, forniscono una interpretazione distorta della realtà, volta più ad accattivarsi le simpatie di coloro che ritengono di essere stati espropriati da una gestione monopolistica della caccia agli ungulati, che al trovare una reale soluzione al problema. Già lo scorso anno – prosegue – la situazione degli ungulati in Toscana appariva compromessa e al limite della sopportazione per il mondo agricolo, professionale e no, e anche per molti cittadini che da anni segnalavano danni subiti, senza che questo fenomeno si fosse mai affrontato in modo organico su tutto il territorio regionale, con una situazione quindi ben lontana da quella ‘gioiosa armonia‘ che secondo la Cct sarebbe regnata in Toscana fino ad un anno fa. La verità – incalza Remaschi – è che in una materia così complessa e delicata, sia per i numeri impressionanti, ma sopratutto perché parlando di gestione della fauna, giocoforza, si devono affrontare questioni che toccano diverse sensibilità, per anni non si è riusciti ad intervenire in modo concreto ed incisivo, perpetrando un finto equilibrio che si reggeva solo sulla gestione del malcontento con l’utilizzo, nella migliore delle situazioni, del rimborso dei danni agli agricoltori come calmiere della disperazione. La legge 10 del 2016 per la diminuzione del numero di ungulati in Toscana – rivendica l’assessore – è stata quindi voluta e scritta proprio allo scopo di salvaguardare le eccellenze del nostro territorio, il lavoro dei molti agricoltori che chiedono solo di poter raccogliere il frutto del proprio duro lavoro rifiutando la logica del rimborso del danno, che non solo non copre le reali perdite economiche, ma mina alla base l’intero sistema socioeconomico dei nostri territori rurali, tanto ricchi di bellezze quanto fragili e bisognosi di una continua e forte presenza umana“.
Fin qui l’impetuosa autodifesa.
Ma il bello arriva dopo, quando l’assessore mette in piazza i numeri. E denuncia gli sconcertanti scostamenti tra le cifre fornite dai cacciatori e quelle “ufficiali” fornite dagli ATC, i pur politico-burocraticissimi Ambiti Territoriali di Caccia cui è demandata la gestione dell’attività venatoria.
Copio e incollo dal comunicato dell’assessore, lasciando al lettore di valutare dove stia la verità.
“Stando ai numeri ufficiali delle 9 ATC, certamente approssimati per difetto, mentre fino al 2015 nell’intero territorio regionale si contavano circa 10 mila abbattimenti di controllo l’anno, nei primi sei mesi di applicazione della legge ungulati sono stati abbattuti circa 8 mila cinghiali, oltre a circa 3 mila caprioli, con una proiezione sui 12 mesi, quindi, decisamente migliore del passato. Sono poi oggetto di indagine alcune situazioni estremamente particolari, che certamente fanno riflettere rispetto alla reale consistenza dei numeri forniti dal Cct, come ad esempio il caso dell’ATC di Siena per il quale il Cct stesso dichiara 5000 capi/anno abbattuti in selezione e controllo fino al 2015, che contrastano con il dato fornito dalla Polizia provinciale che invece porta a circa 900 capi abbattuti per quello stesso anno, certamente inferiori ai 2500 prelevati nello stesso territorio già nei primi sei mesi dell’applicazione della legge ungulati. Oppure il caso dell’ATC di Firenze, dove i numeri di abbattimenti di cinghiali con la caccia di selezione risultano ad oggi doppi rispetto all’anno passato“.
Sintesi finale in tre ipotesi: qui o qualcuno ha bisogno del pallottoliere, o qualcuno trucca i rapporti, o a qualcuno sono scappati di penna numeri che non doveva scrivere.
Il cacciatore, anzichè sparando, si confessò scrivendo?