C’è qualcosa di cui non ti sei mai occupato, ma di cui hai a lungo e molto distrattamente beneficiato. Poi ti arriva un librone colorato che ti fa venir voglia di passare dall’altra parte della barricata. Anzi, del bancone. Shake!

Devo ammettere di non capire nulla di cocktail e di esserne un modesto, ancorchè occasionalmente vorace, bevitore.
Insomma ce ne voleva per incuriosirmi sull’argomento.
C’è riuscito un milanese tutto abbronzato che, in virtù dei suoi trascorsi a Miami, si fa spesso ritrarre con occhialoni da sole e camicione a fiori. Si chiama Daniele Dalla Pola ed è, ho scoperto, il vincitore della 42-Below Cocktail World Cup tenutosi l’anno scorso in Nuova Zelanda, una specie di coppa del mondo dello shaker.
Ma a convincermi non sono state le sue pur lusinghiere credenziali in materia (Dalla Pola è un affermato consulente internazionale di bar e di produttori di superalcoolici, ha gestito con successo vari locali in Florida e ne possiede un paio a Bologna, dove oggi vive), bensì un librone variopinto che ha appena realizzato e di cui mi ha fatto gentile omaggio: “Exotic Cocktails: “How to make a tropical drink” (Città Inedita editore, 110 pagine, 24 euro).
Dico variopinto perchè la forza del volume è proprio questa: con tutte le sue illustrazioni, la grafica patchwork, i caratteri belli grandi e un accattivante corsivo mette allegria e fa venire voglia di provare davvero uno dei circa cinquanta cocktail di cui l’autore descrive la formula e, a volte, la storia, le spigolature, le curiosità. Il tutto senza scadere mai nella tristezza di certa manualistica del settore, con le solite foto posate di bicchieroni seriali infilzati di ombrellini da luna park. Al contrario: una bella carta pesante, immagini dell’epoca d’oro dell’alcool godereccio e della vacanza esotica-erotica, Hemingway, i mari del Sud, Tahiti, disegni al tratto, vecchie pubblicità, le inevitabili suggestioni cubane, Dean Martin, chitarre hawaiane, donnine procaci, fumetti e un pizzico di cartoons.
I precetti? Asciuttissimi: solo gli ingredienti, le dosi e semplici note di preparazione, senza solennità nè pedanteria didascalica, o mollezze liturgiche. Il principio informatore è, al contrario una sorta di istigazione rivolta al lettore a creare il proprio drink, osando, sperimentando e (magari) sbagliando.
Quanto basta insomma per riuscire a cimentarsi senza troppi patemi in un beverone da preparare con gli amici durante il weekend, senza dover per forza languire su divani dei più famosi hotel del mondo e sulle spiagge pettinate caraibiche.
Qua e là qualche scheda sui principali liquori da cocktail, la loro storia, i bar che li hanno resi famosi, la storia della bevanda, i principali attrezzi del mestiere.
Dimenticavo: è tutto in inglese. E del resto il meneghino Daniele si rinomina spesso Don the Beachcomber.
Il mio mix preferito?
Frozen Daiquiri. Ricordi di gioventù professionale. Ma questa è un’altra storia.