Un’azienda di Riva del Garda commercializza da qualche anno il suo olio bio in sacche di plastica, dette pouch up, dotate di rubinetto. Il prodotto è buono e, dicono, commercialmente funziona. Voi che ne pensate?
Si chiama pouch up e non c’entra nulla col push up, quindi rinfoderate tette ed ormoni.
E’ una sacca di plastica munita di rubinetto, destinata a contenere liquidi ad uso alimentare. In pratica, come brillantemente scrive Angelo Peretti sul suo blog Internet Gourmet (qui), è un “bag in box senza la scatola di cartone intorno“.
Peretti ne ha parlato a proposito di un oleificio gardesano che, pare anche con eccellenti risultati economici, da alcun anni commercializza appunto il suo extravergine biologico in pouch up.
Sul bag in box il mondo del vino è notoriamente diviso tra chi lo trova un modo pratico, economico e intelligente di confezionare il prodotto, soprattutto se destinato a un consumo rapido e semplice, e chi lo trova la massima espressione della decadenza del vino medesimo, della sua regressione a “bevanda“. Una querelle, parallela a quella tra tappo in sughero e tappo a vite, che probabilmente per molto tempo non vedrà la fine, strattonata com’è tra questioni commerciali e culturali, le une spesso asservite alle altre.
Ma per l’olio?
L’olio – l’olio di qualità intendo, non solo l’extravergine formalmente tale quindi, ma quello dotato di caratteristiche organolettiche, produttive e di prezzo di eccellenza – risponde a dinamiche di commercializzazione e di consumo piuttosto diverse rispetto al vino.
Nell’olio, che per natura ha vita breve ed uso quotidiano ma limitato, da molto tempo si è quasi ovunque adottato il tappo stelvin e nessuno ha avuto da ridire. Per non parlare di lattine e di minilattine, sebbene alcune dop ne proibiscano l’uso per ragioni (non so quanto condivisibili) di immagine.
Una bottiglia d’olio, per quanto elegantemente vestita, non è mai, comunque, la reginetta della tavola e quindi la sua veste estetica tende a restare un elemento secondario (tranne forse al fatidico momento dell’acquisto dallo scaffale).
E’ però anche vero che i costi unitari di produzione dell’extravergine sono infinitamente più alti rispetto al vino e che, pertanto, l’incidenza del costo del contenitore sul prezzo finale del prodotto (ripeto, mi riferisco all’olio di fascia medio-alta, non a quello da 3 euro/lt che si trova in gdo) è in proporzione bassa, per non dire minima.
Aggiungo: viste le modalità d’uso dell’olio, cioè il versamento sul piatto per il condimento o il travaso nell’oliera, siamo poi sicuri che il pouch up sia più pratico della bottiglia?
Ovviamente non ho risposte, mi faccio solo delle domande.
O forse si tratta di una nulla quaestio, nel senso che la risposta la daranno il mercato e i conti economici dei produttori, senza passare dalle forche caudine di un consumatore che, nello specifico, non sembra avere un gran ruolo.
I lettori che ne pensano?