Il caldo dà alla testa. Spinge a scrivere sciocchezze, ma rende anche più difficile tollerarle. Nel loro ormai autoreferenziale delirio di onnipotenza, certi blogger da “potrei ma non voglio” (anche se poi vogliono eccome) se la prendono con gli uffici stampa che non li accreditano per ciò che non sono…
La cosa buffa dei sedicenti blogger è che da un lato schifano la stampa e i giornalisti, ai quali si sentono alternativi come fonte di “vera” informazione (segno evidente che non sanno cosa vuol dire informazione), ma dall’altro sono disposti a tutto pur di usufruire dei servizi e degli orpelli (vuoi mettere la libidine di ostentare in pubblico il pass “stampa”?) predisposti per i giornalisti medesimi. E si offendono a morte se vengono messi alla porta o, orrore!, non trattati, per l’appunto, da “giornalisti”.
Prendiamo il caso degli uffici stampa di eventi e manifestazioni.
Se li accreditano, con ciò parificandoli nel trattamento e nello status professionale agli odiati pennivendoli, ovviamente non vola una mosca: hanno avuto il balocco, si dimenticano delle differenze ontologiche con i disprezzati “rivali” e così possono sfarfallare tra i padiglioni col lasciapassare sul petto, dedicandosi alle attività istituzionali preferite: cioè gli affari (qui), i vaniloqui e in sostanza la coltivazione del lucroso passatempo (poiché per loro, che dichiaratamente campano di altro, in teoria il blogging è un passatempo: con la differenza che vivono l’hobby come una militanza ideologica, il che li rende inconsapevolmente ridicoli, e spesso rappresenta una diretta o indiretta fonte di reddito, magari esentasse).
Certo, che c’entra, un hobby coltivato senza spendere, ad esempio entrando gratis alle fiere, godendo e tirandoci su pure qualche soldo fa sentire molto più ganzi. E poi ti fa credere di essere in missione per conto del web. Mica come i coglioni degli appassionati normali, che per entrare in fiera pagano il biglietto.
Se, invece, l’ufficio stampa di un certo evento non li accredita, magari per la banale ragione che determinati servizi (e non la semplice gratuità dell’ingresso) sono riservati ai professionisti presenti lì per lavorare e che i professionisti si individuano per essere iscritti a un albo professionale, apriti cielo. I blogger si infuriano. Anzi, si incazzano proprio: siete (voi degli uffici stampa) cavernicoli, venduti, corrotti, infami, servi di questo e di quello, mentecatti, nemici della verità, analfabeti del mondo. Perdenti, addirittura.
E giù minacciando vendette, tramando rappresaglie, ricamando dileggi, simulando indignazioni, tenendosi bordone l’un l’altro per mantenere bene in alto la soglia del rumore e la cortina dell’ipocrisia, utili a coprire la fitta trama delle relazioni commerciali che – assai ricche di business e pauperrime di reale informazione – costituiscono il sottofondo inconfessato della cosiddetta blogosfera (vedi link sopra).
Sì, perché aldilà delle belle parole sulla trasparenza, l’indipendenza, la democrazia di cui loro, i blogger, si autoproclamano vessilliferi, il risentimento per la lesa maestà di un mancato accredito non investe mica solo l’aspetto emotivo, che è una pietosa foglia di fico.
No, la realtà è che la mancanza di un timbro, di una patacca, di un qualche riconoscimento ufficiale (un po’ grottesco a pensarci bene, vi pare? Contestano la stampa costituita ma con essa invocano la parità formale) della loro funzione di “operatori” dell’informazione gli nuoce molto, perché li ridimensiona, talvolta in modo irrimediabile, agli occhi della clientela, cioè delle aziende che presenziano alla fiera. “Ma come – temono di sentirsi dire – non hai neppure un ingresso vip, un lasciapassare doc, un invitino per l’happy hour ics, uno straccio di buono per il pasto ipsilon? Non hai un punto d’appoggio per fare una fotocopia, un computer per spedire email o un divanetto riservato per sedersi e parlare di lavoro a quattrocchi? Ma che blogger sei? E che affari, visibilità, servizi a pagamento mi proponi?”.
Incerti del mestiere, si dirà.
Ma loro ci sformano. Ci soffrono. Si piangono addosso, perfino, lamentandosi della propria “invisibilità” cagionata dalla mancanza dell’agognato accredito.
Eppure noi, dicono di sè, siamo seri, mica come quelli che copiaincollano i comunicati stampa degli enti fiera. Per questo infatti gli siamo invisi. Noi, insistono, siamo indipendenti.
Capperi, è vero.
Sui loro disinvolti blog infatti copiaincollano direttamente i comunicati stampa delle aziende espositrici, magari a pago e (va da sè) senza un minimo darlo ad intendere. E poi la spacciano per informazione trasparente e vera.
Mi ricordano Lost in the flood di Springsteen: “…nuns run bald throu’ Vatican halls, pregnant /pleading Immaculate Conception…“.
Evviva.
PS, anzi, disclaimer: come hanno capito anche i sassi, io non ce l’ho con i blogger in sè, ma con quelli che se la tirano fingendo, per interesse, di essere ciò che non sono. Ai quali ripeto, disperando in una risposta, quanto già gli chiesi qui: se hanno il “sacro fuoco” perchè non diventano giornalisti e se ne accollano onori ed oneri?