Molti si chiedono che sia questo cammino artusiano, appena svoltosi in Puglia. Facile: è un viaggio. Nel senso vero della parola. Cioè una partenza, una destinazione, un percorso e tante cose nel mezzo. La differenza sta nel come si osservano.
Si fa presto a dire Pellegrinaggio. Artusiano, poi.
Sarà perchè l’espressione è un po’ criptica, sarà perchè la gente è pigra e non s’informa (ad esempio qui, sul blog ufficiale), sarà perchè è oggettivamente difficile concepire l’esistenza di una dozzina di masochisti che ogni anno si sciroppano 120 km a piedi in quattro giorni, intervallandoli con bevute e strippate: fattostà che l’edizione 2014 – da Gaudiano a Barletta, via Canosa, Minervino, Andria e Trani – ci ha esposto a interrogativi esilaranti.
Il più divertente è stato quando qualcuno ha confessato che si aspettava di vedersi arrivare in cantina un gruppetto di pazzi in mutande (ops, in pantaloncini) che andavano di corsa, come fossero animosi bersaglieri. Ma vi avrei anche fatto vedere la faccia di un’anziana coppia che, su un’ape blu, andava la mattina ad accudire l’orto e, anzichè le attese zucche, ci ha trovato le bianche chiappe di una pellegrina intenta ad alleggerirsi tra le fresche frasche.
Sono certo che nemmeno gli amici del Movimento del Turismo del Vino Puglia, nonostante le meticolose spiegazioni fornitegli, fossero del tutto sicuri di ciò che si sarebbero trovati davanti.
E infatti…
Comunque sia, ciò che connota il Pellegrinaggio Artusiano è la lentezza condivisa. Cioè la lentezza, indotta dal mezzo usato (cioè le gambe), con la quale tutti sono, a modo loro, costretti a osservare ciò che c’è intorno. Tutto. Dal paesaggio che muta ad intervalli infinitesimali dettati dalla lunghezza del passo e dal calare della luce al volo delle gazze da un ciliegio all’altro, dalla sagoma del pellegrino che ti precede all’ordito dei muretti a secco, di cui conti ogni sasso.
Chilometri a decine che addolorano i muscoli ma rendono più naturale e meno supercilioso l’approccio al cibo e al vino: prima te li godi e poi, solo poi, li degusti. Un’altra dimensione, anche per il più paludato dei critici.
Hai un sacco di tempo per pensare, per farti venire idee, per metterle in collegamento fra loro, per progettare articoli, servizi, proposte, cose da fare, cose da dire, amici da chiamare, persone da (re)incontrare. Tutto ti si stampa in testa. E di ciò che hai vissuto l’anno prima ne riparli l’anno dopo, per ingannare il susseguirsi dei chilometri. Tra Clavesana e la Val Maira, nel 2013, non ci fu chi non ricordò i momenti salienti del Pellegrinaggio 2011, da Forlimpopoli a Firenze per il 100° dell’Artusi. E durante il prossimo si parlerà parecchio, lo so, dell’abbacinante paesaggio pugliese, dei confetti e delle burrate, del Nero di Troia, delle orecchiette, delle grotte e dei santuari, della pietra bianca di Trani e della bellissima coreografia della Disfida degli Autoctoni, coi vini italiani e francesi a fare da cavalieri, a Barletta (il video è finito sull’Ansa, qui).
It’s pilgrimage, bellezza.