Siena, sempre in salita e sempre in discesa com’è, non appare per natura nè conformazione quella che si direbbe una città ciclabile.
Se a questo si aggiungono un centro storico quasi interamente pedonale e un intrico di vicoli medievali lastricati di pietra serena, fatalmente sconnessi, se ne può anzi concludere che si tratta di un luogo totalmente inadatto alla circolazione a pedali. Salvo necessità estreme, si capisce.
E ai miei tempi, comunque, a nessun senese, nemmeno bambino, sarebbe mai venuto in mente di spingersi sulle lastre in bici: questione di rispetto e buon senso.
Fino a qualche anno fa, proprio per le solari ragioni dette sopra, era anzi espressamente e saggiamente proibito pedalare in centro.
Mi risulta che oggi il divieto, nelle vie o zone particolarmente “calde”, sia ancora vigente, ma è con ogni evidenza bellamente ignorato, visto che da un po’ anche il cuore dell’urbe è pieno di turisti su bici di ogni foggia: da passeggio, da corsa, da strada, da montagna, singole e in convoglio. Te le ritrovi ovunque, come se fosse normale.
Qualcuno dirà che è un segno di questi tempi in cui, del resto, anche i bivacchi, i picnic e le tintarelle stile Rimini in Piazza del Campo sono diventati o paiono normali.
Anche a questo, però, mi sembrava ci fosse un limite.
Ho capito che il limite non c’è più quando ieri, credendo a stento ai miei occhi, mentre ero sulla risalita meccanica da Fonte Branda verso il Duomo, ho trovato una tizia che come se nulla fosse saliva tutta vestita da ciclista, con caschetto, pantaloncini e scarpe da Alì Babà ai piedi. Portando con sé la bici. Sulla scala mobile.

AVVISO: non ho nulla nè contro i ciclisti, nè contro i turisti, nè contro i cicloturisti. Ma per le vie di Siena ci si va a piedi. Fine. E pure sulle scale mobili. Arifine.