Le ormai famosissime vignette sull’uso dei bagni al villaggio olimpico celano in realtà una metafora sulle condizioni odierne della libera professione giornalistica. Eccola svelata.

Loro malgrado, visto lo stato dell’arte dell’equo compenso e della professione in generale, anche i freelance italiani partecipano alle Olimpiadi Invernali di Sochi che cominciano domani: sono infatti i protagonisti (involontari) delle ormai celeberrime istruzioni (qui) sull’uso dei bagni.
Dall’EC ai WC, insomma. Tanto sempre nel guano si resta.
Eccone una breve legenda.
Omino sulla tazza: seduti si medita meglio e del resto lo spettacolo a cui stiamo assistendo genera impulsi lassativi irresistibili.
Omino in piedi sulla tazza: è l’interpretazione più realistica della situazione corrente. Il cesso professionale è un tale verminaio che è più igienico appoggiare le suole sulla tavola che sul pavimento.
Omino che la fa di fuori: qui il senso è duplice. Primo senso: piove sul bagnato. Secondo senso: sull’EC tutti la stanno facendo fuori dal vaso.
Omino che vomita: anche qui il senso è duplice. Primo: la nausea è tale che mi viene da vomitare. Secondo: i capataz sono talmente ubriachi che adesso vomitano (ecco così spiegate certe decisioni).
Omino che si droga: il senso è chiaro, non resta che farsi una pera (interpretazione maligna: la pera se la sono fatta loro).
Omino che pesca nel cesso: è la più surreale e la più ambigua, con interpetazioni opposte ma convergenti. Nel primo caso il pescatore è il giornalista e il senso è che, ovunque egli cali la lenza, ormai non può che pescare merda. Nel secondo il pescatore sono le istituzioni di categoria (scegliete voi quale) e le prede sono i giornalisti. Con due possibilità: o sono i pesci che abboccano o sono quelle cose che in acqua galleggiano ma non hanno le branchie. Fate vobis.
Dopo l’uso – si auspica “sporadico” e non “economicamente dipendente” – tirare lo scarico.