Di cifre fantasiose – ora per eccesso e ora per difetto, con netta prevalenza per il primo – attorno all’agriturismo ne circolano da almeno vent’anni. Quanto è bastato per attirare sul settore investimenti sbagliati e un’idea di facile bengodi. Ora l’Agriturist si ribella al balletto delle statistiche. Tardi, però.
Passa il Vinitaly e la solfa è la medesima della Bit, la borsa milanese del turismo svoltasi a Milano un mese e mezzo prima: secondo gli immancabili studi, sondaggi e ricerche di mercato l’enogastronomia sarebbe la panacea, l’anello forte, la ciambella di salvataggio, il bene rifugio dell’economia italiana. Un settore dalla solidità euforizzante. Ma che dico solidità: dall’espansione inarrestabile, un comparto che stritola record su record, con performance degne d’altri tempi.
Degli addetti ai lavori non ci crede nessuno, ovviamente, perchè chi vive nel mercato sa bene come vanno le cose. Cioè, mediamente, male. E in nessun caso bene. Certo non tanto bene da giustificare certi strepiti.
Ma può darsi che l’uomo della strada ci creda. Ci crede il fisco, che si scatena a caccia di evasori “di chiara fama” (appunto per gli inopportuni epinici dei soliti noti). Il refrain, del resto, è un classico: San Silvestro, pienone in agriturismo. Oppure: Pasquetta, fattorie sold out. Ed altre amenità. Poco importa se quelle strutture strapiene nelle feste comandate rimangono vuote o quasi per il resto dell’anno.
Contro questo malcostume delle cifre “sparate” in allegria ha preso oggi giustamente posizione Vittoria Brancaccio, presidente dell’Agriturist, l’associazione di categoria legata a Confagricoltura, con un duro comunicato.
“Sui mezzi di informazione – si legge – sono apparse cifre incredibili. Si dice che il turismo enogastronomico ha registrato nel 2010 un incremento dei viaggi del 60% rispetto al 2009 e un fatturato di cinque miliardi di euro. In realtà lo stesso fatturato era stato già comunicato nel 2008, sicché dobbiamo ritenere che i tanti nuovi turisti del gusto abbiano viaggiato gratis. Qualche giorno fa, in occasione della pubblicazione del IX Rapporto di CENSIS e Osservatorio del turismo del vino, il fatturato del turismo enogastronomico è stato stimato dai 3 ai 5 miliardi. E’ accettabile la diffusione di cifre così approssimative? E poi… Il Rapporto dice che i turisti enogastronomici sono circa 3 milioni e spendono 193 euro al giorno, con viaggi di un solo giorno nel 56% dei casi e di due giorni nel 26,5%, di più giorni nel restante 17,5%: come si arriva a 5 miliardi? Nella migliore delle ipotesi, viste le premesse, il fatturato del settore arriverebbe a circa 1,2 miliardi”.
“L’agriturismo – prosegue il presidente di Agriturist – ha una forte connotazione enogastronomica. Conosciamo bene la realtà. Certamente, soprattutto in questo periodo di crisi, vino e buona tavola sono molto graditi dai turisti e aiutano a consolidare una domanda di vacanze più stabile e distribuita nell’arco dell’anno. Ma da qui ad immaginare i numeri che hanno circolato, ci passa, e molto! Le imprese turistiche e agrituristiche, in particolare di fascia media e bassa, sono sempre più in difficoltà. Eppure si sentono raccontare una realtà del tutto distante dal difficile quotidiano con cui devono fare i conti. Per questo Agriturist ha costituito un proprio osservatorio, con lo scopo di analizzare costantemente sondaggi e statistiche sul turismo verificandone l’attendibilità!”
“Abbiamo istituito – gli fa eco Giorgio Lo Surdo, direttore di Agriturist – un osservatorio che registra e confronta tutti i dati, ufficiali e non, che riguardano il turismo, con particolare attenzione ad agriturismo e settori connessi, per contrastare l’uso propagandistico di statistiche e sondaggi, e comunque rilevare immediatamente forzature e incongruenze. Il fenomeno delle cifre esorbitanti, o interpretate a piacere, ha raggiunto da qualche anno dimensioni preoccupanti, e costituisce un ostacolo alla attivazione di politiche razionali per contrastare la grave crisi in corso “.
Per presentare tutto questo il prossimo 5 maggio ci sarà una conferenza stampa a Roma.
Bene.
Ci chiediamo solo dove fosse l’Agriturist quando, molto tempo prima che la bolla scoppiasse ma il problema era già evidentissimo (diciamo una decina di anni fa), qualcuno avvertiva sulle catastrofiche conseguenze di tanto sciocca e miope propaganda.
Ora che il latte si è versato, piangere è inutile.