Altro che carabinieri.
I nuovi carabinieri, o almeno la figura che emerge dai commenti fatti sui social circa le proteste dei cosiddetti “trattori”, sono i contadini.
Macchiette con stivali, cappello di paglia, forcone in mano e cingolato sotto al culo, belli rubizzi, tutti a fare chiasso alle rotonde dei caselli autostradali. Simpatici, i fondo, ma sempliciotti. Impegnati più che altro a governare galline, a fare l’orto, a spalare il letame dalle stalle e spargere concimi in cambio di dorati quanto misteriosi “contributi” pubblici sui quali non c’è chi sappia raccapezzarsi.
Nessuno quasi che li chiami agricoltori, che menzioni l’impresa agricola, che sappia spiegare, o almeno intuire, la complessità sociale, economica, tipologica, perfino esistenziale che si cela dietro la parola “agricoltura”, questa grande sconosciuta.
Ne emerge un quadro esilarante in cui persone che non sanno di cosa parlano pontificano vagheggiando lobby, burattinai, destra, sinistra, l’immancabile Meloni, ambientalismo un tanto al chilo, rivendicazionismo d’accatto, rigurgiti ideologici da antiche letture, interpretazioni delle più variegate e involontariamente comiche, salutismi da rotocalco, racconti sfuocati del nonno fittavolo.
E contribuiscono così a raccontare la barzelletta social dei “contadini”.
Poco fa un amico che si occupa di tutt’altro ha scritto un incauto post sull’argomento: dei venti commentatori intervenuti, non ce n’è stato uno che mostrasse di aver capito qualcosa.
Non mancano i lirici peroratori di un mondo “naturale”, ovviamente “sano”, per non dire “genuino”, gli economisti da tastiera che, sapendola lunghissima, si avventurano in perigliose esplorazioni nelle tasche della categoria, quelli che parlano per slogan e quelli che copiano i post degli altri.
Il risultato è sempre lo stesso: i “contadini” sono, se va bene, folklore. Se va male, poveri scemi che si fanno usare credendosi furbi.
E nessuno si accorge che la vera barzelletta è quella on line.