Nessuno è eterno, nemmeno un monumento del vino toscano e non solo come Lapo Mazzei, scomparso ieri a 94 anni nella sua tenuta di Fonterutoli, in quel Chianti Classico di cui è stato per una vita intera promotore, difensore e animatore.
Per quelli della mia generazione, che è la stessa dei sui figli, Lapo era una di quelle figure che sempre c’erano state e sempre sarebbero rimaste. C’erano e basta. Monumenti, appunto.
Lo conobbi di persona a metà degli anni ’80, quando ero un giornalista alle prime armi e fui mandato a intervistarlo come presidente del Gallo Nero. Lui mi ricevette educatamente nell’altra sua “casa” fiorentina, la sede della Cassa di Risparmio di Firenze, che pure presiedeva, e mi dedicò un tempo e un’attenzione che mi colpirono. Riusciva, mi accorsi, a rispondere sinceramente alle domande più scomode senza mai perdere lo stile e neppure svicolare.
Lo descrivevano, e probabilmente era stato, un uomo di potere.
Di sicuro è stato uno che ha visto lontano, sia come vignaiolo che come imprenditore.
Ci siamo dati rigorosamente del lei finchè non decise di ritirarsi, momento a partire dal quale mi chiese di darsi del tu, cosa che mi lusingò molto e che fu la chiave di alcune memorabili conversazioni su temi extravinicoli fino ad allora mai affrontati.
Ci mancherà come mancano certi grandi padri di stagioni irripetibili.